La vulgata comune racconta la bonifica del litorale come opera del fascismo. Ma la storia di Ostia riparte molto prima, con l'arrivo di 500 romagnoli nella notte del 25 Novembre 1884.

Era il 24 Novembre del 1884. Al grido di "pane e lavoro", partirono in cinquecento per andare a bonificare il litorale di Roma. Erano Romagnoli di Ravenna, Piangipane, Santerno, Campiano e San Michele. A guidare la spedizione della cooperativa, Nullo Baldini e Armando Armuzzi.

Quando giunse la voce dell'inizio della bonifica, tra i senatori del Regno d'Italia lo spavento era enorme. Per alcuni politici era come un'invasione di barbari. Stranieri che occupavano una terra abbandonata. I proprietari terrieri dell'agro romano non erano d'accordo e si opposero già nel 1878, anno in cui passo una legge sul risanamento dell'agro.

I migliaia di ettari che dividono il centro di Roma dal mare Tirreno, erano latifondi enormi nelle mani di poche famiglie. Sul litorale ad esempio, i Chigi erano padroni di Castel Fusano e gli Aldobrandini di Ostia. Il loro timore era che la bonifica potesse significare la perdita della proprietà. La legge rimase senza attuazione per molti anni. Nessuno aveva il coraggio di mettere piede nelle terre dei ricchi signori di Roma. Tutti tranne gli eroici scariolanti romagnoli che ebbero il coraggio di sfidare i potenti latifondisti.

Il giorno della partenza, alla stazione di Ravenna, c'era tanta gente a salutare l'impresa. Tra di loro "l'apostolo del socialismo", Andrea Costa. In quella partenza si realizzava la sua utopia: la fondazione di una comunità di lavoratori padroni del loro lavoro.


L'arrivo dei braccianti a Fiumicino sotto al diluvio

La notte fonda del 25 Novembre 1884, sotto un diluvio pazzesco, i braccianti arrivarono a Fiumicino. Il giorno dopo, alla vista di Ostia e della sua situazione desolante, la cooperativa aveva voglia di tornare immediatamente in Romagna. La notte del 26 Novembre, in un'assemblea di fuoco, la tensione era alle stelle. Baldini era disperato. Tornare a casa significava il fallimento. Soltanto le parole veraci e schiette di Armuzzi spronarono gli animi degli scariolanti. Dovevano suonare più o meno così: "Alla stazione di Ravenna a salutarci c'era la banda e tantissima gente. Se adesso torniamo indietro saranno scariche di pernacchie e di prese per il culo". Quella fu l'ultima volta che i cinquecento parlarono di tornare a Ravenna.

 

Dovevano restare 3 anni e alla fine rimasero tutta la vita

In molti all'epoca pensavano che gli scariolanti romagnoli fossero degli anarchici (e tra di loro qualcuno forse lo era), dei ribelli senza fede e senza disciplina. Le loro dottrine sulle terre in comune, sulla produzione collettiva e la distribuzione delle ricchezze tra i lavoratori erano pericolose per l'ordine sociale. Commentò l'Osservatore Romano del 13 Dicembre 1884: "Se qui c'è il socialismo non è il socialismo anarchico, anzi esso è disciplinato come uno stato". In tanti morirono per la malaria, nel tentativo di dare nuova luce alla terra dove noi oggi viviamo.

Passeggiando per Ostia Antica, nascosta tra gli angoli del borgo, accanto al volto di Andrea Costa, è posta una targa commemorativa in memoria dell'impresa della bonifica: "Pane e lavoro! Gridando e brandendo le lucide, forti armi de la fatica, uomini, donne, fanciulli, esercito di pace, dai dolci campi di Romagna qua trassero per restituire a la civiltà nuova le zolle che l’antica civiltà seminò di ruderi ed ignavia di principi e prelati ed inerzia colpevole di governi a la malaria omicida lungo i secoli abbandonò e pane e lavoro ebbero tutti e molti morte! Ora ai morti la lapide perennemente memore ai vivi la speranza che l’opera loro feconda continui si compia. Romani! E voi stranieri che a capo chino adorando visitate li avanzi de l’antica civiltà levate il capo da le rovine secolari guardate in su in alto! E salutate e onorate i precursori, i martiri de la novissima civiltà di Roma eterna!”.

Ultima modifica il 22/11/2024