Passeggiando per le strade del barocco nel centro storico di Lecce, mi è capitato di incontrare l’artista americana Margaret  Boberek. Con l’aria semplice ma raffinata di chi ha fatto del gusto uno stile di vita, Margaret si è integrata perfettamente con l’atmosfera salentina e da buona ecologista gira in bicicletta. Cappello di paglia, abbigliamento pratico ma ricercato, procede con andatura ritmata come il ricco dialetto della gente del posto e, a guardarla bene, già si intuisce la sua anima artistica e il suo modo di accostare i colori sicuramente rispecchia una personalità estremamente creativa.  E’ nata a New York e l’inconfondibile accento americano, unito alla proprietà di linguaggio di chi ha ben assimilato la nostra lingua, la rende elegante e simpatica. E’ curiosa, mai stanca di viaggiare e raccogliere suggestioni e ispirazioni, infatti la sua attività artistica si divide tra lo studio di Roma, quello greco di Rodi e quello di Lecce dove andiamo ad incontrarla. Fin da  bambina  é brava nel disegno e ha talento per la pittura, se ne accorge  suor Gloria, sua insegnante alle scuole elementari, che la incoraggia e le impartisce i  primi fondamenti per  dipingere ad olio. Successivamente ha studiato al  Brooklyn  Museum  e  alla School of Visual Arts di New York e ha sviluppato la sua ricerca pittorica utilizzando varie tecniche e diversi stili. Nel 1970 si  trasferisce  a  Milano, dove  è  art director  della rivista "ESQUIRE & DERBY";  ma ben presto è catturata dal "made in Italy"e inizia a dedicarsi al design collaborando con i principali stilisti italiani del momento.  


Anche in  quel periodo, tuttavia, non  perde  l'interesse e l'impegno verso la pittura, che  ha  sempre  rappresentato per lei uno stimolo nella ricerca di sensazioni, di  sentimenti e di stati d'animo rigeneranti, svincolati dai pregiudizi e dai luoghi comuni. Nel 1995 si apre un’altra parentesi biografica che influenza positivamente la sua arte: Margaret si tuffa in un’intensa collaborazione umana e professionale con il pittore italiano Piero Dorazio. Decide allora di trasferirsi in Umbria, a Todi, dove vive e lavora  presso lo studio del maestro per circa dieci anni, fino alla morte del grande artista. Nel 2005, poi, si trasferisce a Roma. Ci racconta del suo rapporto vitale con l’arte :< L’arte è un grande mondo autonomo rispetto alla realtà, capace di lasciare ogni individuo in una totale libertà, affrancata dai pensieri quotidiani, colma di colori e carica di amore. In questo mondo si può viaggiare con la fantasia raggiungendo mete lontane ed esprimendo forti sensazioni, in una successione di momenti, di emozioni e di opportunità. La mia vita è stata ed é l’arte, per me tutto è arte e l´arte è tutto, in quanto, per dirla con Goethe, “non si può sfuggire al mondo così bene che attraverso l´arte e non ci si può legare maggiormente come attraverso l´arte”. La famiglia ha avuto ed ha un ruolo fondamentale nella mia crescita artistica, mi ha aiutato a sviluppare e far crescere il mio amore per l’arte, non solo assecondandolo e favorendo il mio accesso alle scuole d’arte, ma anche educandomi a frequentare i musei e le mostre, invitandomi a raccontare cosa pensassi delle opere che vedevo e a rappresentare le suggestioni che ne ricevevo, andando così ad alimentare la mia espressività innata>.

 

Quanto e quando le sue vicende biografiche si sono intrecciate con quelle artistiche?


La vita è sempre stata per me una grande tela bianca su cui rappresentare ogni emozione e colore, mescolando sogni e passioni, senza avere il timore di cambiare regole e convenzioni, cercando sempre di cogliere tutta la bellezza dell’esistenza.>


Come definirebbe il suo rapporto con la tela e i colori?

 
I colori sono i miei amici e compagni da sempre
, mi consentono di comunicare e raccontare, di suonare e cantare, di piangere e ridere. Nell’espressività un colore chiama l’altro. La tela è solo un supporto, ma i colori sono tutta un’altra cosa!> Alla base dei lavori di Margaret Boberek si possono riconoscere dei riferimenti ideali comuni, che vengono elaborati in maniera diversa per temi e stile in relazione all’ esigenza di libertà nell'espressione artistica e alla specificità della storia dei diversi periodi della sua vita, oltreché alla necessità interiore che rappresenta sempre la molla che spinge l'artista ad esprimere le energie dello spirito. Sul piano pratico, l'idea si traduce nella graduale dissoluzione della forma in favore dell'organizzazione ritmica di linee, curve, macchie, zone di colore e viceversa.


Poi lavorare, lavorare e ancora lavorare, senza mai guardare l’orologio e tenendo sempre presente che vivere della propria arte è possibile rinunciando ad una serie di sicurezze che per molte persone sono invece indispensabili. Per questo è necessario coltivare una forte vocazione> .

(A cura di Simona Olive)