Centenario nascita vescovo Clemente Riva, nuova edizione del suo libro ‘L’intelligenza nella Chiesa”
Tra le novità di questa pubblicazione: una nuova copertina, la prefazione di Gianni Maritati (presidente e cofondatore dell’Associazione), un più ricco apparato di note, numerose foto a corredo (molte inedite), una sostanziosa Appendice dedicata alla vita associativa e in particolare alla Festa del libro e della lettura di Ostia (organizzata dall’Associazione stessa) e il corposo Repertorio bibliografico a cura di don Leonardo Bartolomucci, teologo e artista nonché socio della “Clemente Riva”, molto importante per studi e approfondimenti futuri sullo stesso mons. Riva. E’ il secondo saggio riviano riproposto al grande pubblico: il primo, del 1985, s’intitola “Al centro della città metterei l’uomo” (Edizioni Rosminiane di Stresa 2018).
Il libro. “Il messaggio di Clemente Riva, che sgorga dalla tradizione della Chiesa e dagli insegnamenti filosofii e teologici di Antonio Rosmini, vale certamente per chi segue Cristo, ma anche per chi ha fatto una scelta diversa: l’intelligenza, illuminata dalla ragione, ci fa tutti esseri umani, abitanti liberi e cocnsapevoli di un pianeta che non vogliamo sia inevitabilmente sulla strada della spoliazione e dell’estinzione. Tra l’altro, se la natura è violentata dall’umanità, è perché siamo appunto poco “intelligenti”: tagliamo il ramo su cui siamo seduti… “ (dalla nuova prefazione).
L’autore. Nato a Medolago, nel bergamasco, il 5 giugno del 1922, Clemente Riva ha legato il suo nome all’apostolato della carità sociale e culturale, oltre che all’impegno per il dialogo ecumenico e interreligioso. In particolare, organizzò insieme a Elio Toaff, allora Rabbino Capo della Comunità ebraica di Roma, la storica visita di Giovanni Paolo II alla Sinagoga della capitale (13 aprile 1986), la prima di un pontefice in un luogo di culto ebraico. Convinto propugnatore del rinnovamento introdotto dal Concilio Vaticano II, come religioso e come studioso rosminiano, s’impegnò con tutte le proprie forze nella promozione del pensiero filosofico e religioso di Antonio Rosmini, fondatore dell’Istituto della Carità, di cui Mons. Riva faceva parte con speciale e fattiva convinzione, portando al centro del dibattito culturale italiano ed europeo del post-Concilio una delle più grandi figure del pensiero cristiano e della Chiesa cattolica nell’Ottocento. Ordinato sacerdote nel 1951, dal 1975 al 1998 fu vescovo ausiliare di Roma per il settore sud, un’ampia zona comprendente in particolare i quartieri di Ostia e di Acilia, che egli conobbe molto bene grazie alle continue visite pastorali e alle sue frequentazioni non solo del clero locale, ma anche di tanti semplici credenti che in lui trovavano un punto di riferimento sicuro. Spesso, da giornali, radio e tv, Mons. Riva veniva invitato ad esprimere il proprio illuminato ed equilibrato giudizio su delicate questioni morali o su controversi fatti di cronaca. Durante il suo apostolato richiamava i cittadini (e i cattolici in particolare) ai propri doveri verso il bene comune, alla partecipazione adulta e responsabile della cosa pubblica, all’impegno per combattere vecchie e nuove forme di disagio e di ingiustizia sociale. Memorabile in questo senso fu la sua partecipazione al convegno detto dei “mali di Roma” nel febbraio del 1974 accanto a Mons. Luigi Di Liegro (fondatore della Caritas diocesana romana) e al sociologo Giuseppe De Rita (fondatore del Censis): nel clima arroventato degli “anni di piombo”, con chiara e costruttiva forza polemica Clemente Riva poneva con efficacia non solo la “questione morale” della politica, che tradisce se stessa quando abbandona i suoi più alti riferimenti etici, ma anche l’esigenza di un profondo rinnovamento della comunità ecclesiale, che deve tornare ad essere capace di schierarsi con i poveri e con gli ultimi. Uomo colto e di profonda spiritualità, Clemente Riva morì a Roma il 30 marzo 1999. Ha curato la pubblicazione di varie opere di Antonio Rosmini (la più celebre s’intitola “Delle cinque piaghe della Santa Chiesa”) per sostenere la “riabilitazione” del pensiero filosofico rosminiano di fronte al Magistero, coronata grazie anche a lui, ma dopo la sua morte, dalla beatificazione dello stesso Rosmini (2007).
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