Un francese, Papa Urbano II, ha chiamato per la prima volta i cristiani alle armi contro il mondo islamico. Era il 27 novembre del 1095. I turchi premevano sulle mura di Costantinopoli. Papa Urbano II, in un discorso al Concilio di Clermont-Ferrand, rivolgendosi ai Franchi disse: "Nazione prediletta di Dio, la Chiesa cristiana ha riposto ogni sua speranza nel vostro coraggio...voi libererete l'europa e l'asia". La prima crociata così ebbe inizio.



La Francia di questi giorni risulta spaesata. Non si capacita bene di come sia potuto accadere che un piccolo commando di terroristi, abbia potuto tenere sotto scacco Parigi per tre giorni (Venti morti, un attentato, sei attacchi militari). Dentro una botte di ferro, dentro fortezza Europa, era impensabile vedere certe scene. Eppure è successo.

Il fiume di gente che ha invaso le strade della Francia sembra lentamente defluire fino alla riconquista della normalità perduta. Domenica lo spezzone dei capi di stato è distante dall'enorme corteo che sfila per le strade di Parigi. I francesi avrebbero sfilato anche senza il richiamo delle istituzioni. E' nel loro dna dal 1789.



#JeSuisCharlie è diventato lo slogan. Poco importa se rappresenti veramente qualcosa. D'altronde siamo stati abituati ad indossare identità. Siamo consumatori di identità. Facciamo la fila dentro i centri commerciali  per modellare meglio l'immagine di noi stessi. Scacciamo le nostre paure in questo modo.



La paura è uno strumento di dominio, utile sia a chi vuole governare con l'ausilio dello stato d'eccezione, sia a chi necessita di un nemico per alimentare la propria identità. Islamofobia-securitaria e terrorismo musulmano parlano questa stessa lingua. La lingua del dominio. Rifiutare entrambi è l'unico modo per impedire che si combatta una nuova guerra santa.

#JeSuis è il punto di partenza. Io sono, indipendentemente dalle miriadi di identità che attraversano il mondo, indipendentemente dalle identità che fanno parte del nostro vivere. Io sono è il punto di partenza. L'antidoto alla guerra santa.



Étienne
Balibar, filosofo francese: "noi abbiamo bisogno di comunità".
 "Sì, noi abbiamo bisogno di comunità: per il lutto, per la solidarietà, per la protezione, per la riflessione. Questa comunità non è esclusiva, in particolare non lo è rispetto a coloro fra i cittadini francesi o immigrati che una propaganda sempre più virulenta, che ricorda i più sinistri episodi della nostra storia, assimila all’invasione e al terrorismo per farne i capri espiatori delle nostre paure del nostro impoverimento o dei nostri fantasmi...Per questo motivo la comunità non si confonde con l’unione nazionale. Questo concetto non è in pratica servito ad altro che a scopi inconfessabili: imporre silenzio alle domande scabrose e far credere all’inevitabilità delle misure d’eccezione. La stessa Resistenza (per buone ragioni) non ha invocato questo termine".



Sulla Jihad"Ho appena uno spunto di idea in materia, ma ci tengo: la nostra sorte sta nelle mani dei Musulmani, per imprecisa che sia tale denominazione. Perché è giusto, certo, mettere in guardia contro gli amalgami e contrastare l’islamofobia che pretende di ritrovare l’appello all’omicidio nel Corano o nella tradizione orale. Ma questo non basterà. Allo sfruttamento dell’Islam operato dalle reti jihadiste –di cui, non dimentichiamolo, i Musulmani ovunque nel mondo e anche in Europa sono le vittime principali– non può rispondere se non una critica teologica e, da ultimo, una riforma del “senso comune” della religione, che faccia dello jihadismo una controverità agli occhi dei credenti. Altrimenti saremo tutti presi nella morsa letale del terrorismo, capace di attirare a sé tutti gli umiliati e offesi della nostra società in crisi, e delle politiche sicuritarie, liberticide messe in opera da Stati sempre più militarizzati. C’è dunque una responsabilità dei Musulmani, o piuttosto un compito che tocca loro." (Fonte Dinamopress.it

*Le foto sono state scattate da Giulia Putzolu, studentessa di Scienze Politiche Roma3, attualmente in Erasmus a Montpellier in Francia.