Roma - A distanza di un mese dagli Academy Awards statunitensi, a loro volta preceduti dai Golden Globe che ne costituiscono l'anticamera, i David di Donatello svoltosi di recente premiano l'eccellenza italiana nella Settima arte e rappresentano nel contempo proprio quella "italianità" che ci contraddistingue da sempre. Un'etichetta secondo la quale l'ambizione è al primo posto.

L'ambizione di veder premiato un prodotto "di casa nostra", soprattutto al di fuori dei nostri confini, mentre la considerazione che se ne ha al suo interno, a volte conta molto poco. I David, purtroppo, sono anche questo. Il simbolo di un'Italia che ogni anno si conferma ‘bistrattatrice’ di se stessa. Sì, perché se in patria attendiamo sempre con ansia ciò che succede oltre oceano, nell'iconico Kodak Theatre in cui si svolgono le premiazioni per gli Oscar, quando si tratta di seguire ciò che accade qui da noi, la cerimonia di premiazione viene mandata in onda nelle reti televisive con un velo di disarmante indifferenza da parte del pubblico mainstream, passando dalla rete italiana ammiraglia nonché tv di Stato ad una rete che, guarda caso, sembra l'unica restante ad offrire il meglio che abbiamo in Italia, pur portando il nome di un non italiano.

A prescindere dal settore artistico, che sia esso cinema, musica, ballo, canto o altro, gli eventi che costellano l'apice dell'eccellenza artistica italiana sono stati gradualmente ‘accantonati’ in secondo piano, in sordina, minacciando di restarci, un secondo piano verso il quale stiamo chiudendo tutte le porte, almeno televisivamente, aspetto fondamentale se vogliamo rendere partecipi gli italiani del Cinema e di tutto ciò che vi gravita attorno. È pur vero che in un'era in cui internet è ormai tutto, qualunque contenuto può essere fruito da gran parte degli internauti, ma questo rischia di essere anche una faccia della medaglia con la quale forgiamo la fine di determinate tradizioni che hanno segnato la storia dell'arte italiana su tutti i fronti. Succede con Miss Italia, succede con i David, accadrà anche con il festival di Sanremo? Viene da pensare che non resta che attendere. In cosa l'italiano si riflette oggi? Cosa lo fa sentire parte di qualcosa? Quella sensazione patriottica di esistere in un "insieme" si sta perdendo? La speranza non si abbandona mai! Ma se continuiamo a seguire con pathos Golden Globe, Oscar, Palma d'oro, Orso d'oro, dimenticandoci che una bella fetta di storia in quegli ambiti l'abbiamo fatta noi italiani, perderemo la comprensione della nostra arte, del nostro talento, e con essi della nostra stessa identità.

Conclusa questo, personalmente doverosa riflessione, procediamo con la sintesi di quanto successo in una serata che si è presentata più scoppiettante di come si preannunciava (spot acuto e raffinato del bravissimo Claudio Santamaria a parte). Premio al miglior film: La pazza gioia di Paolo Virzì, una sorta di Thelma e Louise con accenni ai valori esistenzialistici della vita, con il sapiente connubio di tristezza e di picchi di felicità, proprio come la vita stessa. Una pellicola nata da un'idea del pluripremiato autore toscano, fautore dell'ormai classico Ovosodo, il quale ebbe ispirazione guardando le due protagoniste del film attraversare la strada fuori da un suo precedente set. Virzì si riconferma autore raffinato e deciso, capace di uno sguardo sempre attento ai riflessi e alle ripercussioni della società nell'animo umano, conquistando infatti anche il premio per la migliore regia.

Miglior attore protagonista Stefano Accorsi per la rivelazione Veloce come il vento, miglior attore non protagonista Valerio Mastandrea per Fiore. Due premi azzeccati per due interpreti che si riconfermano sempre all'altezza della sfida intrapresa. Degni dell'attenzione ricevuta sono la pellicola Indivisibili, una storia dal sapore "lynchiano" di amore fraterno tra due gemelle siamesi alla ricerca della propria individualità, gettate nel contesto di una Napoli cinica e spietata, che riceve il premio alla migliore sceneggiatura originale; la pellicola La ragazza del mondo che riceve il premio per la migliore regia esordiente, quella di Marco Danieli.

Oltre all'assegnazione dei premi, la serata non si è sottratta all'offerta di un bell'entertainment, con l’asciutta conduzione di Alessandro Cattelan, proveniente dalle scuderie di Radio Deejay e ancor prima delle tv musicali, e con qualche buon discorso tra cui quello della premiata migliore attrice protagonista per La pazza gioia Valeria Bruni Tedeschi, che incanta il pubblico con un discorso tanto surreale quanto globale, ringraziando tutto ciò che ha fatto parte della sua vita fino ad oggi. Ognuno ci vede ciò che vuole, a me ha ricordato in qualche modo che noi tutti siamo ciò che abbiamo fatto, che abbiamo visto, che abbiamo vissuto, siamo il risultato delle nostre scelte. (Giulio Muto)