Mollato dal partito, dagli amici d'infanzia, dagli amici di polizia, Guardia di Finanza e servizi segreti. Del tempo che fu, ora restano solo una ventina di “scudetti” appesi nel suo studio senza finestre al sesto piano del palazzo della Provincia che ospita i consiglieri d'opposizione. Nel frattempo la moglie ha capito e ha pure riaperto le porte di casa. Pier Paolo Zaccai, consigliere pdl e salito agli onori delle cronache per una presunta festa a base di cocaina e trans, cinque mesi dopo l'alba del primo luglio, in esclusiva racconta la vicenda il cui iter giudiziario non si è ancora concluso. È in attesa di incontrare il Gup che dovrà decidere se rinviarlo a giudizio. Oltre la figuraccia planetaria che lo ha fatto diventare il “Marrazzo del centrodestra”, Zaccai è accusato di cessione di stupefacenti. Insomma, sino a prova contraria avrebbe spacciato cocaina ai due transex. “Ma quale cocaina – dice – è un'accusa orale fatta da due persone colpite da provvedimenti di espulsione e senza fissa dimora che hanno messo una dichiarazione a verbale e sono sparite”. Chi lo conosce bene da quando aveva 17 anni su di lui metterebbe la mano sul fuoco. Nel senso che all'attività politica ha sempre accompagnato un savor faire con le donne ma da lì ad essere uno spacciatore “c'è di mezzo il mare”. Accetta l'intervista ad una condizione: il cronista deve prima prendere visione di tutti i documenti che ha raccolto sulla vicenda che somiglia ad una spy story degna di un giallista d'eccezione. “E che forse diventerà un film – promette – non appena sarà conclusa”. E fa scivolare sul tavolo le certificazioni della Asl dalle quali si evince che nella notte delle “botte” non ha assunto nessun tipo di droga: niente coca, niente canne, niente oppiacei né anfetamine. Poi gli esami delle fosse nasali, “pulite come quelle di un bimbo”, dice. Quindi le foto delle ferite e delle ecchimosi, le denunce per le sostituzioni delle chiavi dell'auto poi rubata, i telefonini che impazzivano come se fossero posseduti, i furti e la certezza che nei mesi precedenti la notte della follia fosse sempre seguito. Da chi e perché resterà un mistero. Ma come arriva alle 3 di notte in un appartamento di San Giovanni, lui che abita a Casalpalocco con tanto di moglie? “Cacciato di casa – confessa – dopo una lite. Così sono andato fuori con amici che mi hanno proposto di andare nel loro appartamento condiviso. Uno di quelli che gli uomini prendono in coop e del quale ciascuno ha le chiavi. Qui ci siamo messi a giocare col pc a bere qualcosa, sino a quando ad uno dei due è venuta l'idea di chiamare due amiche. E sono spuntati i trans. Allora ho capito che era una trappola e mi sono messo a gridare aiuto e per farmi stare zitto mi hanno riempito di botte”. Il resto è storia. Arriva la polizia e lo carica in ambulanza. Ma qui il giallo: possibile che un uomo debba aspettare due ore e mezza prima di essere ricoverato? “Così è stato e quando sono arrivato a Ostia le mie funzioni vitali erano compromesse. Tre gli errori sanitari: mi hanno indicato per un trattamento clinico obbligatorio, mi hanno indicato come un autolesionista e hanno presunto che avessi preso droga e poi. Le analisi hanno smentito tutto”. E mostra i certificati “zero droga” e le foto di quelle che lui definisce torture. Sulla scorta del primo certificato medico, “quello senza analisi – precisa – dall'ospedale è partita la fuga di notizie e l'Ansa nazionale che mi additava come il protagonista di un festino a base di droga e trans”. Carte alla mano dice: “Sono accusato di “droga parlata” e andrò davanti al giudice senza esitazione e mi sottoporrò all'interrogatorio. Ma non sono io che rischio; qualcun altro rischia in questa vicenda rischia se io all'interrogatorio ho opportunità di parlare e di dire tante cose e mi riferisco ai miei aggressori”. La domanda conclusiva è una tentazione irresistibile: chi l'ha volta fregare? “Io una mia idea ce l'ho”. Conclude.