Denunciati 36 piloti: prendevano la cassa integrazione ma lavoravano all’estero
Fiumicino - L’avidità non conosce crisi: 36 piloti italiani di aerei di linea, posti in cassa integrazione ed in mobilità, non soddisfatti delle indennità erogate dall’Inps, oscillanti tra i 3.000 e gli 11.000 euro al mese per 7 anni, avevano pensato di “arrotondare” le loro non “trascurabili” entrate andando a lavorare all’estero alle dipendenze di compagnie straniere. Per continuare a fruire degli ammortizzatori sociali avevano “dimenticato”, a partire dal 2009, di comunicare la propria occupazione all’ente previdenziale e, in altri casi, presentato false dichiarazioni attestanti l’assenza di altri rapporti di lavoro. Innescate seguendo la scia di un pilota in cassa integrazione che lavorava presso una scuola di volo della Capitale, le indagini dei finanzieri del Comando Provinciale di Roma, si sono poi estese “a macchia d’olio” coinvolgendo altri piloti, individuati grazie all’incrocio dei dati forniti dall’Inps con le informazioni rese disponibili dalle compagnie straniere facenti scalo in Italia.
Dagli accertamenti delle Fiamme Gialle del Gruppo di Fiumicino, svolti in collaborazione con la Direzione regionale Lazio dell’Inps, è emerso che, oltre alle indennità erogate dalla cassa integrazione guadagni straordinari e dal Fondo trasporti aereo e mobilità - pari all’80% della retribuzione riferita agli ultimi 12 mesi di lavoro) - i piloti percepivano dalle compagnie straniere stipendi oscillanti tra i 13 ed i 15mila euro mensili, a seconda dell’esperienza maturata e delle abilitazioni possedute, oltre a non meno interessanti altri fringe benefit, consistenti nelle spese alloggiative e nelle rette di iscrizione dei figli a scuola. L’Inps - che sta continuando a cooperare nelle indagini - ha subito sospeso l’erogazione delle somme e avviato le procedure per il recupero degli importi indebitamente percepiti. I piloti, oltre a dover restituire il maltolto all’Istituto di previdenza, sono stati denunciati all’autorità giudiziaria ed alla Corte dei Conti, con la quale dovranno vedersela per gli ingenti danni arrecati all’Erario. Parallelamente a questa attività le Fiamme gialle romane hanno individuato una colossale evasione della cosiddetta “imposta sul lusso”, introdotta nel 2012 dal decreto Monti sui voli degli “aerotaxi”. Le somme, pagate dai passeggeri, restavano nelle “tasche” dei vettori che sistematicamente “dimenticavano” di girarle al Fisco. Da una prima ricostruzione, solo sullo scalo di Ciampino, sono già emerse violazioni a carico di 20 società di aerotaxi per un importo totale di euro 1,2 milioni.
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