Ostia – ‘Basta, sono stanco: non ce la faccio più. La faccio finita… Basta, sì basta, non ce la faccio più ad andare avanti così’. Il peso di un’esistenza diventata troppo faticosa da vivere, problema dopo problema, dolore dopo dolore, ieri deve essere diventato insostenibile per un uomo di 57 anni che, in preda alla disperazione, ha deciso di farla finita. A pesare tragicamente nella sua vita la sofferenza per la morte del figlio, la perdita del lavoro per seri problemi di salute con conseguenti guai economici, l’intesa con la moglie resa traballante da tutti questi gravi motivi. Davvero un fardello pesantissimo sulle spalle di un uomo che, a quanto hanno poi riferito i suoi familiari, da tempo soffriva di depressione. Ieri, evidentemente, la misura gli deve essere sembrata colma, la stanchezza ha avuto il sopravvento e con essa la decisione terribile, estrema di porre fine ad una esistenza che lo aveva messo all’angolo.

ANGELI CON LA PISTOLA - E’ stato così che il protagonista di questa drammatica vicenda, che però ha avuto un meraviglioso, insperato lieto fine grazie all’intervento di due poliziotti, due angeli con pistola e distintivo che si sono messi caparbiamente sulle sue tracce fino a salvarlo da un’azione senza ritorno né speranza, domenica pomeriggio, dopo aver inviato un sms che ha raggelato il sangue nelle vene alla moglie, ‘è sparito’. Dopo aver annunciato il suo proposito, l’aspirante suicida ha fatto perdere le proprie tracce: non ha più risposto al telefono, non ha detto né dove né quando né cosa avrebbe fatto. Nulla. Un silenzio totale che ha gettato nell’angoscia la compagna e la figlia. La moglie, preoccupatissima, in considerazione del profondo stato di prostrazione emotiva in cui da tempo si trovava il marito, ha chiamato il 112 informando dell’accaduto e di quei messaggi cupi. Questo succedeva a Ostia, la città dove vivono il 57enne e la sua famiglia.

LE RICERCHE – E’ qui che entrano in azione gli ‘angeli con la pistola’, due agenti del commissariato Lido con venticinque anni di esperienza sulle spalle, spalle forti che hanno visto di tutto, crimini e sparatorie, morti e violenze, ma che sanno essere profondamenti umanI e pietosi, capaci di comprendere il dolore e di alleviarlo restituendo quella speranza che sembra essere scivolata via nelle pieghe di esistenze grigie e dolorose, spesso ai margini. Sono le 18.50 e i due poliziotti si apprestano ad iniziare il loro turno 19-24 quando arriva dalla centraleecco l’emergenza: si tratta di rintracciare un uomo, anzi l’uomo. Possibile si trovi da un amico a Torvajanica, a Campo Ascolano: viene fornito loro il modello di un’auto, una Ford grigia, ed il numero del telefono. Nient’altro. Bisogna fare in fretta, in fretta. Il tempo è prezioso.

I due agenti lo sanno e scattano con la volante, dirigendosi a Campo Ascolano. In una manciata di minuti arrivano, setacciano, controllano. Ripetono i controlli, setacciano ancora, voltano l’auto e tornano a Ostia. Il tempo scorre come al solito ma l’imperativo è battere il tempo, fare più in fretta del tempo stesso… Ma si può fare una cosa del genere? No, impossibile. Ma non per loro che hanno un solo pensiero in testa: trovare la Ford grigia. Ostia viene battuta palmo a palmo: l’unica ‘bussola’ in questa ricerca affannosa è il telefono cellulare dell’uomo. Bisogna agganciare la cella telefonica, riuscire a capire dove si trovi, raggiungerlo. Un segnale ed eccoli fermare l’auto, salire le scale di un palazzo… E’ un falso allarme. La ricerca continua. E’ trascorsa quasi un’ora. Trovarlo, dobbiamo trovarlo, è il pensiero fisso. Trovare quella Ford tra tante. Alla fine eccola. Ecco la Ford, è parcheggiata tra altre vetture in piazza Sagona, un’auto come tante. Ormai conoscono a memoria la targa, scendono e si avvicinano col cuore che va a mille. Sono le 20.05. L’hanno trovato.


L’AUTO – Al posto di guida c’è un uomo, immobile, lo sguardo perso nel vuoto. Ai poliziotti non sfugge che accanto a sé, sul sedile, ha del Lexotan, antidepressivi, due scatole di Tavor piene, ansiolitici e altri psicofarmaci. Cauti si avvicinano, lo chiamano, cominciano a parlare, cercano di tranquillizzarlo, ma lui, stancamente, chiede di essere lasciato in pace… Sono un vigliacco, dice, pillole invece di un modo più dignitoso per andarmene. Gli agenti, però, di ‘lasciarlo in pace’ non hanno alcuna intenzione. Alla fine l’uomo, una persona gentile, educata, si trova a parlare con loro, a sfogarsi, a confidarsi come forse, chissà, non faceva da tempo. Viene accompagnato in ospedale e affidato alle cure dei sanitari ma, già un po’ rinfrancato, salutando i suoi angeli custodi, li invita a prendere un caffè insieme il prima possibile, non appena si sentirà un po’ meglio e si presenterà l’occasione. Alla dottoressa che lo prende in cura gli agenti chiedono notizie, chiedono cosa sarebbe accaduto se avesse ingerito quel cocktail micidiale di farmaci. La dottoressa scuote la testa, meglio non pensarci, un mix letale, mortale.

AMICI E PARENTI – Ma adesso è in salvo, al sicuro. Anzi, è confortato perché si è accorto che sono in tanti, parenti ed amici, ad essere preoccupati per lui, ad essere accorsi in commissariato e poi all’ospedale per avere sue notizie. Lui, forse, non se lo immaginava nemmeno che la sua vita stesse così a cuore a tante persone. E se ha potuto rendersi conto che la speranza c’è, ed è davvero l’ultima a morire, questo signore lo deve a due uomini che non hanno trascurato nulla, che si sono spesi con abnegazione e profonda umanità per trovarlo ed impedirgli di compiere un gesto senza ritorno. La figlia, la moglie, tutti li hanno ringraziati. Lo facciamo anche noi: grazie.