Duro colpo alla camorra: annientato un ‘gruppo di fuoco’ formato da 5 giovani affiliati al clan Mazzarella, storico gruppo dei quartieri della Maddalena, Mercato, Case nuove e Soprammuro di Napoli. L’organizzazione criminale era specializzata in usura, droga, traffico di armi da guerra ed estorsione ai commercianti costretti a versare una Ires fino a 2.500 euro al mese. A condurre l’operazione le Fiamme gialle di Fiumicino. Le misure cautelari sono state eseguite all’alba di oggi dai finanzieri del Gruppo di Fiumicino, emesse dal gip del tribunale di Napoli, Isabella Iaselli, su richiesta dei magistrati della Direzione distrettuale antimafia partenopea, Catello Maresca, e Francesco De Falco. Il clan era specializzato in una vasta gamma di reati che vanno dall’usura al traffico di stupefacenti, dal commercio di armi alla gestione e al controllo del mercato della contraffazione e della pirateria audiovisiva. Avevano inoltre una grande quantità di armi comuni e da guerra.



Tutte le persone arrestate avevano ruoli e compiti di primissimo piano e avevano spesso preso parte a commandi armati organizzati per affermare il violento e totale controllo del territorio, in opposizione agli altri clan, con l’obiettivo specifico di rimpinguare le “casse criminali” con soldi da reinvestire subito nel mantenimento degli affiliati, nei tipici traffici delinquenziali e in attività economiche apparentemente lecite. Le indagini, partite da episodi di pirateria audiovisiva e contraffazione di marchi e condotte con un notevole impiego di strumenti tecnici, hanno fatto emergere l’esistenza di fenomeni di estorsione ai danni anche dei rivenditori di cd e dvd pirata e di merce contraffatta, oltre alla ‘predilezione’ degli arrestati per il traffico di stupefacenti e di armi. Le indagini, sostenute dalle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia, hanno riguardato il clan Mazzarella e in particolare 5 tra promotori e compartecipi, tutti giovani e violenti che, dal 2006 in poi, avvalendosi della forza di intimidazione del vincolo associativo e della condizione di assoggettamento ed omertà che deriva dall’appartenenza al clan, hanno estorto, con minacce e rappresaglie, ai commercianti della zona una vera e propria percentuale sui profitti d’impresa, quasi una “Ires di camorra”. In alcuni casi, gli emissari del clan avevano imposto un “pizzo” mensile di 2.500 euro, a volte nascosto dietro l’acquisto di sacchetti di plastica, sottolineando ai proprietari delle attività commerciali che parte del ricavato sarebbe andato ai carcerati.