Dal 15 dicembre Facebook permette di utilizzare pseudonimi, basta spiegare i motivi. La politica del social cambia affinché esso funzioni per tutti, specie per chi è marginalizzato o subisce discriminazioni, come attivisti, transessuali, o vittime di stalking.
Già dal 2014 un’ondata di critiche aveva subissato la strategia di Menlo Park di cancellare i profili che non adottavano il nome reale. Ora la svolta per proteggere gli utenti ‘più a rischio’. Tra le prime a lanciare la campagna con l’hashtag #mkynameis è stata la drag queen americana LGBT Sister Roma, dopo essersi vista sospendere l’account. A lei, come a tutti gli utenti segnalati e sospettati di usare uno pseudonimo, Facebook aveva chiesto l’invio della carta d’identità. A quel punto Sister Roma aveva visto il suo profilo cancellato.
Dopo questi fatti il social di Mark Zuckerberg
ha scelto di ampliare le proprie vedute sul diritto alla privacy su iternet, anche per evitare un danno all’immagine. L’obiettivo, spiega Menlo Park, è «dare un supporto più personalizzato» a chi si trova in «situazioni uniche». Già negli USA le novità sono state introdotte dopo una fase di rodaggio.
Dal 15 dicembre, negli Stati Uniti, per segnalare un nome falso non basta più un clic. Oggi chi vuole farlo deve contestualizzare la situazione fornendo informazioni aggiuntive, che serviranno al team addetto alla sorveglianza per stabilire con più precisione se e come intervenire. Tuttavia la politica del nome reale da adottare rimane ferrea, solo nei casi in cui ci sono circostanze eccezionali che li hanno spinto a scegliere uno pseudonimo, come l’essere transessuale, l’appartenere a una minoranza etnica o l’aver subito stalking, bullismo o abusi il social potrebbe fare un’eccezione.
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