Roma - Arriva al capolinea, dopo oltre 5 anni, la latitanza dei narcotrafficanti Albini Fabio (classe 1968) e della moglie Torres Aponte Gloria Teresa (colombiana, classe 1957), su cui pendeva un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal Tribunale Ordinario di Roma nel maggio 2011. Il provvedimento è stato eseguito in territorio colombiano martedì 12 luglio 2016, all’esito di una complessa operazione che ha visto il coordinamento delle indagini e la gestione dei flussi comunicativi esteri da parte del Servizio per la Cooperazione Internazionale di Polizia della Direzione Centrale Polizia Criminale ed il National Central Bureau Interpol di Bogotà, in stretto coordinamento operativo con gli specialisti del G.I.C.O. del Nucleo di Polizia Tributaria della Guardia di Finanza di Roma.

LA CATTURA - La cattura è stata richiesta dalla Procura della Repubblica di Roma attraverso specifica rogatoria internazionale, sulla scorta delle evidenze acquisite nel corso di pregresse indagini delle Fiamme Gialle, sviluppatesi, in una prima fase, tra l’aprile 2008 ed il febbraio 2010, ed in una seconda, più recente, nel 2015, su delega della Direzione Distrettuale Antimafia di Roma.

LE PRIME INDAGINI - Le prime investigazioni avevano consentito di trarre in arresto, nell’aprile 2008, due soggetti italiani, dipendenti di una ditta incaricata della riconsegna dei bagagli presso l’aeroporto di Fiumicino, in quanto trovati in possesso di una valigia contenente oltre 11 chili di cocaina, e di individuare due distinte organizzazioni criminali, dedite all’importazione di ingenti carichi di stupefacenti, da piazzare sul mercato della Capitale. Una di queste, in particolare, diretta dall’Albini, con la collaborazione della moglie Torres A£e di ulteriori quattro soggetti, risultava attiva nella importazione, dal Sud America, di grossi quantitativi di cocaina, che venivano introdotti in Italia sfruttando, in prevalenza, doppifondi ricavati nei carrelli portavivande imbarcati su aeromobili provenienti da Caracas (Venezuela).

I COMPLICI IN AEROPORTO - Le operazioni di ingresso ed uscita “sicura” dello stupefacente dagli scali aeroportuali avvenivano tramite soggetti conniventi, che avevano libero accesso, per motivi di servizio, presso gli aeroporti interessati. Durante le indagini, sono stati sottoposti a sequestro oltre 15 chili di cocaina.

IL SEQUESTRO DI PERSONA - Era stato, altresì, accertato il sequestro di persona di tale Marulanda Cardona Luis Alberto (colombiano, classe 1959), che aveva fatto da intermediario per l’importazione dello stupefacente tra il Sud America e l’Italia. Lo stesso, ritenuto responsabile del mancato arrivo di un ingente carico di cocaina dall’Argentina, era stato trattenuto in una zona boschiva nei pressi di Sutri (VT) dove - secondo quanto comunicato da organi investigativi collaterali esteri - gli era stato amputato un dito della mano. Solo grazie al tempestivo intervento dei finanzieri in un immobile sito a Sutri (Vt), veniva individuato il luogo di “detenzione” dell’ostaggio, rilevando la presenza di tre cittadini di nazionalità italiana, nonché numerose ed inequivocabili tracce della recente presenza del Marulanda in quell’abitazione: cellulari in uso allo stesso, carte d’imbarco relative a biglietti aerei a suo nome, un notebook e, soprattutto, vistose macchie di sangue, derivanti verosimilmente dall’amputazione del dito.

I TRE ARRESTI - Nella circostanza, i predetti tre italiani sono stati arrestati per sequestro di persona a scopo di estorsione, mentre le ricerche finalizzate al ritrovamento del Marulanda davano esito negativo. Lo stesso, nel maggio del 2011, è stato arrestato, per riciclaggio, nello stato di Panama. Gli esiti complessivi delle investigazioni, partecipati all’autorità giudiziaria capitolina, consentivano l’emissione dell’ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di n. 7 persone per traffico internazionale di stupefacenti: in sede esecutiva, i citati Albini Fabio e Torres Aponte Gloria Teresa sfuggivano alla cattura.

I SOCIAL NETWORK - Nell’aprile del 2015, all’esito delle ulteriori indagini delegate dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Roma, i finanzieri del Gico accertavano, anche tramite l’esame dei social network Facebook e Twitter, come l’Albini e la Torres Aponte avessero stabilito, da qualche tempo, la propria dimora a Bogotà in Colombia, contando sulla vicinanza della famiglia di origine della sudamericana. I coniugi, nonostante la pesante sentenza pendente a loro carico (18 e 10 anni di reclusione), conducevano una vita agiata, utilizzando auto di lusso, facendo frequenti viaggi di piacere e dedicandosi anche a battute di pesca. All’atto dell’arresto, i soggetti si trovavano a sud della città di Bogotà mentre passeggiavano fuori dalla propria dimora abituale. La prima tratta in arresto è stata la Torres ed in rapida successione, in luogo diverso, il marito Albini. Al momento dell’arresto non hanno opposto resistenza.

L’operazione conferma la massima attenzione posta dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Roma, dalla Guardia di Finanza e dal Servizio per la Cooperazione Internazionale di Polizia nell’individuazione, anche in territorio estero, di soggetti a qualsiasi titolo sfuggiti a provvedimenti emessi dall’Autorità Giudiziaria Capitolina.