Roma - L’ultimo saluto a Pino Daniele, morto per infarto nella notte del 5 gennaio, si è trasformato in un grande e commosso “concerto” nazionale. L’emozione di fan, amici e familiari riuniti a Roma, nel santuario del Divino Amore, e a Napoli, in piazza del Plebiscito, ha fatto risuonare al cielo le note e le parole delle sue canzoni come se si fosse ad un ultimo simbolico concerto. Il Santuario di via Ardeatina era gremito, così come tutto lo spazio antistante, quando il feretro al suo arrivo, attorno alle 11.30, è stato accompagnato da un applauso interminabile e composto. Le voci delle persone riunite al funerale dell’artista sono rotte dalle lacrime, dai ricordi, dalla consapevole incredulità per la prematura scomparsa dello “Zio Pino”, colonna sonora delle loro vite e di diverse generazioni di fan. C’erano ragazzi molto giovani, i loro genitori e i loro nonni, una passione senza età, senza distinzioni. Napoletani e non, persone che hanno raggiunto la capitale da nord eda sud per essere con il loro mito musicale.In migliaia hanno affollato il santuario con cartelli e striscioni, in un unico abbraccio. A ricordare Pino anche volti e voci della musica italiana, del mondo dello spettacolo e della politica: i suoi storici amici musicisti come James Senese, Tullio de Piscopo, Enzo Avitabile, compagni di una vita dedicata alla musica; volti come Antonello Venditti, Jovanotti, Renato Zero, Francesco Renga, Eros Ramazzotti, Fiorella Mannoia, Marco Mengoni, Nino D’Angelo che già nei giorni scorsi avevano ricordato il loro amico con un aneddoto, un ricordo, un pensiero. Pino Daniele aveva collaborato con molti di loro stringendo rapporti “unici” umani e professionali.

 
All’interno l’omelia di padre Renzo Campetella, amico di Pino, è stata ben lontano dal rituale del necrologio e del “coccodrillo”. Egli ha preferito un discorso sulla famiglia, sulla necessità di comprendere i valori essenziali della vita: «Mi raccomando state uniti, questo è il più bel regalo che potete fare a Pino, perché già si sente qualche voce strana in giro... Se non state uniti vuol dire che Pino ha fallito come padre e come uomo». «Salvate la famiglia questi pupazzi di politici ci hanno tradito, sono tutti magnaccia, la colpa non è solo della società, è di voi genitori: i figli vanno controllati”. Il richiamo del sacerdote è un chiaro rifermento alle polemiche aperte in famiglia sui soccorsi, sul trasporto in auto per raggiungere il Sant’Eugenio di Roma, dove il cantante era in cura, invece di preferire il soccorso nei più vicini ospedali nell’area di Grosseto, dove Pino Daniele si trovava al momento del malore, nella sua villa. L’uscita del feretro è il momento dell’addio, dell’ultimo saluto, dell’ultimo simbolico viaggio verso Napoli, la sua “Terra Mia”. Gli altoparlanti posizionatiall’esterno del Santuario scandiscono gli accordi di “Napule è” e parte,con voce rotta dalla commozione,il canto dei presenti, che si sovrappone al suo inconfondibile timbro vocale con quel pizzico di rabbia che accompagna ogni inaccettabile addio. Il silenzio viene interrotto solo dalla sua poesia.Le parole di “Quando” seguono quelle di “Napule è” e riempiono il vuoto, sempre più grande, per un distacco ormai inevitabile. Le lacrime sono tante, ma anche gli abbracci, i sorrisi nel ricordo dei suoi concerti, dei momenti legati in modo indelebile ai suoi testi.

 
Pino lascia Roma e percorre la strada verso Napoli, la sua Napoli, la Napoli dei suoi esordi, di “Terra Mia”, di “Nero a Metà”, di “Vai Mo’”, dei dischi che lo hanno consacrato come cantante e musicista di successo. Napoli è stata la sua ispirazione, in positivo e in negativo, la sceneggiatura dei suoi pezzi più famosi; la contradditoria realtà raccontata in “Bella ‘Mbriana”, “Na tazzulella e’ cafè”, “Che Calore” o “Il Mare”. La città lo aspetta, con il solito inconfondibile sentimento carnale e viscerale, riunita nella luogo che nel 1981 lo aveva visto esplodere. Piazza del Plebiscito è un mare di canti, di applausi, di pianti, di ricordi; un fluttuare di amore che scorta il suo feretro nell’ultimo e definitivo saluto; ci sono centomila anime “blues”, centomila “scarrafoni”. La “carta sporca” e dei “mille colori” rende il giusto e dovuto tributo alla sua voce, così come si concede ai grandi, come Totò, Eduardo de Filippo o Massimo Troisi. Napoli dice addio a Pino, ma non al suo ricordo, alle sue canzoni, alle sue emozioni. Pino rimarrà con tutti coloro che lo hanno amato e  che hanno vissuto con lui.



Anche le polemiche non sono mancate e non mancheranno. Le polemiche sui soccorsi, sui funerali, sulla sepoltura. E’ stata aperta un’indagine per omicidio colposo contro ignoti e disposta un’autopsia sulla salma del cantautore, che ha esplicitato oggi la morte per insufficienza cardiaca. Le indagini andranno avanti per fare chiarezza sulla vicenda, come giusto che sia, ma i dibattiti sterili non oscureranno la limpida immagine dell’artista. Così come non lo farà il furto che si è compiuto nella sua villa in toscana, il luogo dove ha accusato il malore che lo ha stroncato. Pino, il “lazzaro felice”, lo immaginiamo a comporre con il suo amico Massimo Troisi versi indimenticabili come fatto in vita, magari con la supervisione di Eduardo e Totò. Napoli e la musica sono leggermente più sole, ma anche vive e ricche. Addio Pino… “per sognare poi qualcosa arriverà”! Il lungo addio si era aperto con il Flash Mob in piazza del Plebiscito, organizzato spontaneamente sui social network, che ha portato in strada decine di migliaia di persone che hanno voluto cantare insieme le sue canzoni più famose: Napule è, Quando, Quanno Chiove. 


Fabrizio Ribelli