‘Guru’, il nuovo libro di Giulio Della Rocca: emozioni, realtà e fantasia
“Sono nato nell’anno della profezia orwelliana. Scrivo da sempre. Alle elementari, ricordo, mi divertivo a sfidare la maestra d’italiano: avevamo due ore per il tema; io me ne stavo un’ora e mezza a braccia conserte guardando la Vallesi fissa negli occhi mentre tutti si dannavano a scrivere prima la brutta copia e poi la bella. Quindi a trenta minuti dalla consegna prendevo la mia penna e scrivevo… Era un modo per mettermi alla prova. Cercavo di capire i miei limiti”, spiega Giulio Della Rocca.
IL PRIMO LIBRO – “Per molto tempo ho trascurato la scrittura, poi un giorno qualcuno mi disse che non si capiva mai niente di quello che dicevo. Quindi mi convinsi che la parola scritta era l’unico modo per capire chi ero, e farlo capire agli altri, se mai interessasse! Per me la scrittura è sempre stata una sorta di autoanalisi, un’urgenza impellente, prossima ai bisogni fisiologici. Così nel 2006 inizio a scrivere “Il Sid e la sua Tribù”, che verrà pubblicato nel gennaio del 2007. Non so come sia per gli altri, ma almeno per me un libro è sempre una biografia morale, racconta cioè quello che si è o che non si vuole essere e quello che si sente o non si riesce più a sentire. Non mi interessa raccontare la mia vita, ma piuttosto le sensazioni del vivere. Protagonista del racconto, sotto forma dl diario, è Sid, un giovane pittore perso in una contemporanea, pasoliniana, borgata romana – Ostia –, che tra eccessi e incontri umani e carnali cerca di ritrovarsi”, prosegue.
LA NUOVA STORIA – “Dopo questa prima esperienza editoriale continuo a scrivere. Prende corpo, lentamente, una nuova storia e un nuovo personaggio, un antieroico eroe in vestaglia e pantofole che si trova coinvolto per inerzia in avventure al limite del possibile. Nel 2012 per le edizioni La Gru vede la luce il mio secondo libro, “Guru”. Come aveva fatto la mia opera prima, questo lavoro raccoglie emozioni e persone reali trasponendole in personaggi e vicende di fantasia. In tutte e due le opere lo stile traduce la psicologia dell’autore. È così che le mie paranoie, le piccole e grandi ossessioni, le manie diventano sulla pagina parentesi, ripetizioni di frasi e parole, punteggiatura eccessiva o completa assenza di interpunzione”, continua Giulio Della Rocca.
UN IPERTESTO – “Una volta chiesero a Fellini di parlare dei suoi film, lui rispose che gli sembrava di aver sempre girato lo stesso film. La continuità, pur nella profonda diversità, tra i due personaggi – Sid e Guru – e tra i due libri mi fa pensare, in effetti, al mio lavoro come a un ipertesto che si arricchisce di esperienze, personaggi ed emozioni. In questo ultimo anno l’ispirazione sembra voler raccontare la vita sottoforma di dramma. Sono curioso anch’io di capire dove mi porterà questo terzo atto”, conclude. In bocca al lupo!
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