Una piccolissima isola giapponese, un tempo bacino carbonifero fin dal 1887, è di fatto un'insieme di realtà mineraria e di civili abitazioni in completo abbandono. Hashima, questo il nome dell'isoletta che nel corso del tempo fu resa pianeggiante ed ingrandita artificialmente. Il suo profilo è simile a quello di una corazzata e tale rassomiglianza ingannò anche gli oservatori della marina statunitense durante la seconda guerra mondiale. Il periodo pre bellico vede maestranza giapponesi che lavoravano e vivevano sull'isoletta che era esposta a continue burrasche marine e spesso restava tagliata fuori dalle cominicazioni navali a seguito di situazioni meteo marine così avverse da non permettere l'attracco di una qualsivoglia imbarcazione.. Fu luogo di detenzione dei prigionieri di guerra durante l'ultimo conflitto mondiale assumento una carattere molto sinistro. Sull'isola la vita era regolata dai tempi dell'industria mineraria, erano presenti alloggi per ogni fascia sociale, c'era un ospedale, una scuola, una palestra. Era completamente assente la vegetazione di qualsiasi tipo. La popolazione locale nel tentativo di ingentilire l'aspetto dell'isoletta cercò di far crescre delle piante sui tetti degli stabili ma senza alcun risultato a causa dell'aria densa di salsedine. Il 20 aprile 1974 l'ultimo residente lasciò l'isola. Con l'esposizione alle intemperie marine violente il declino degli edifici dell'isola fu rapidissimo e si arrivò a vietare l'attracco di qualsiasi imbarcazione per motivi di sicurezza. Nel 2009 è stato permesso al regista svedese Thomas Nordanstad un permesso speciale per girare un inedito documentario sulla storia di Hashima, in compagnia di un suo vecchio abitante. Attualmente l'isola è visitabile solo se accompagnati dalle guide locali e solo in una zona sicura per i crolli. Girando per quello che furono le strade e le piazze si assiste solo alla desolazione dell'abbandono, a edifici semicrollati, e a resti di una vita fatta di lavoro, sacrifici e alienazione.