Ostia – “Anche oggi un viaggio infernale: sono esasperato dalla disumana situazione del ‘trenino’ di Ostia. In piedi, immobili e senza respirare: condizioni di viaggio da littorina della seconda guerra mondiale. Nonostante impegni e dichiarazioni d'intenti, la condizione in cui siamo costretti a viaggiare noi pendolari di Ostia sembra essere immutabile: trattati alla stregua di buoi e caricati su carri buoi. Con scarso o nessun rispetto per le persone. Una situazione indecente e incivile”. Queste le esasperate, ma per niente rassegnate dichiarazioni di Mario Pulimanti, cittadino nonché utente di ‘Quel treno per Ostia’ o ‘Viaggio allucinante’ o, ancora, ‘Odissea infernale’, con il quale studenti, lavoratori e cittadini definiscono la Roma-Lido. Nonostante la manifestazione di protesta dei pendolari andata ‘in onda’ lo scorso giovedì davanti alla sede dell’Atac in via Prenestina, ad oggi l’Azienda non avrebbe preso alcun provvedimento. Né lo avrebbero preso il sindaco Marino o il presidente della Regione Zingaretti al quale i cittadini si sono rivolti. Soltanto in municipio, in occasione della commissione lavori pubblici in programma venerdì 6 dicembre, sarà affrontato il problema dei continui disservizi della linea ferroviaria.

Il signor Pulimanti, a parte la considerazione di oggi, tiene a precisare che “non solo oggi, ma tutti i giorni ci sono rallentamenti, corse saltate e ritardi”. Qualche anno fa aveva anche fatto parte dell’associazione “Il trenino” di Andrea Angeletti. “Allora le cose sembravano migliorate, invece dall’anno scorso sono peggiorate e molto”, continua tanto che la scorsa settimana, sempre su questo ‘argomento’, ha scritto una docu-lettera, inviata ‘a chi dovere’. Questo il testo che pubblichiamo integralmente:

“Sono pronto per la prova più importante della giornata: il viaggio sulla metro. Da Ostia a Roma. Tutto bene? Bene un corno, dannazione! Ho un fastidioso mal di testa. Che diamine! Vado a lavorare controvoglia. Gli altoparlanti annunciano che pure oggi il servizio è rallentato. Come tutti i giorni, del resto. Tempo quindici minuti e arriva un treno, ogni centimetro di carrozza stipato di corpi sudati, accartocciati, pigiati in un insieme compatto.  Non provo neanche a salire, ma nel pandemonio di persone che sgomitano per aprirsi un varco l’una sull’altra, riesco a guadagnare la prima linea della piattaforma e resto in attesa del convoglio seguente.  Che arriva venti minuti dopo, ma pieno zeppo come il precedente.  Quando le porte si aprono e qualche passeggero dalla faccia paonazza si fa largo tra la folla in attesa, mi pigio dentro e respiro una boccata d’aria viziata, stagnante. Mi sembra che l’aria sia passata per i polmoni di ciascuno un centinaio di volte.  Altra gente s’ammassa alle mie spalle e mi trovo spiaccicato tra un giovane arabo ed il vetro divisorio che ci separa dall’area dei posti a sedere. Normalmente avrei preferito mettermi con il naso pigiato contro il vetro, ma quando ci provo scopro una gran chiazza viscida, proprio ad altezza del mio viso, un accumulo di sudore e di unto lasciato dalla testa dei passeggeri che si sono strusciati contro la lastra trasparente, così non posso far altro che girarmi e fissare, occhi negli occhi il ragazzo che ho davanti. Quando al terzo o quarto tentativo si chiudono le porte io e lui ci ritroviamo ancora più pigiati perché la gente accalcatasi sulla porta senza riuscire a entrare finisce con lo stiparsi dentro insieme a noi. Un compagno di sventura mi spinge. Mi volto e lo fulmino con lo sguardo. Se dovessi svenire non cadrei in terra perché spazio per cadere proprio non c’è. Arrivo a Piramide decisamente provato. E con un’ora di ritardo. Ma il mio viaggio continua.  Debbo, infatti, arrivare fino a Termini con un’altra linea della metro: l’affollatissima B. Scendo di sotto con la scala mobile.  Mi rendo conto, appena vedo la piattaforma, che difatti è affollata all’inverosimile.  Più del solito. Deve esserci stato qualche guasto e probabilmente non arrivano treni da almeno un quarto d’ora. Scendo dalla scala mobile. Arrivato a Termini, penso che mi farebbe bene bere un caffè. Che prendo subito prima di entrare in ufficio. E’ proprio vero: fare il pendolare stanca. Ve lo giuro! Inutile nasconderlo: la metro di Ostia è da terzo mondo Ma Marino, sindaco ciclista,  lo sa? Cordiali saluti”. Mario Pulimanti”.