L’addio a Giuseppe Vittorio Scapigliati, in arte il Toscanaccio, Maestro del colore
Ostia - Stanotte se ne è andato Giuseppe Vittorio Scapigliati, in arte il Toscanaccio. A dare il triste annuncio all’amico Giorgio Iorio la figlia Greta e la moglie Monica, addolorate. “Ci lascia un Artista vero che ha onorato con la sua Arte il nostro Municipio”, dichiara con tristezza Giorgio Iorio: “mi lascia un compagno, un amico fraterno, un Maestro. Provo un indicibile dolore”. Domani, sabato 7 febbraio, la camera mortuaria sarà dalle otto alle dieci meno venti all’ospedale Grassi e i funerali si terranno alle dieci a Regina Pacis. Non è semplice parlare di Giuseppe Vittorio Scapigliati, il Toscanaccio, poiché la sua arte era una anti- pittura o addirittura un anti- disegno quando usava le penne colorate: in un certo senso mancherebbero quegli elementi necessari per considerare la sua rappresentazione artistica come tale.
“Non usa un colore di fondo, non abbina o sfuma i colori, spesso non usa il soggetto, e quando lo si trova è irrilevante rispetto alla composizione, spersonalizza persino il suo stesso intervento a macchia di colore o a segno spezzato, evidente testimonianza di una irrequietezza incontrollata che sfocia sulla superficie laddove viene a situarsi il suo gesto”, scrive Giovanni Lauricella a proposito della personale Avant Retrò: “Nelle sue opere, insomma, c’è tutta l’ansia che contraddistingue l’incompatibilità dell’artista con quello stesso atto che va a compiere, un nervosismo spasmodico che non permette riflessione”. Sulla sua stessa linea vi sarebbero i writer di dubbia formazione artistica ma anche quelli che si sono dedicati a questo genere, anche se prima hanno frequentato l’Accademia delle Belle Arti: Basquiat, Keith Haring, Richard Hambleton, se vogliamo con i quadri di Ligabue o certi "pupazzi" di Francesco Clemente, sono i suoi lontani parenti che fanno della schizofrenia un modus operandi. Giuseppe Vittorio Scapigliati ha realizzato installazioni, coloratissime opere site-specific realizzando un percorso che era la sua "filosofia" del contemporaneo. Un pensiero artistico tutto polemico che lo vedeva nel ruolo di un nuovo Don Chisciotte alla riscossa nei confronti di un mondo riluttante a tutto. Così il Toscanaccio, come un antico guerriero, munito di colore e di arditi pensieri, tentava di divincolarsi dalla morsa omicida del mondo quotidiano menando fendenti con il pennarello o con il pennello, in un’impari lotta che lo vedeva vincente e padrone del colore.
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