Ostia – A conclusione del processo con rito abbreviato contro le nove persone coinvolte a vario titolo nell'inchiesta sulla mafia di Ostia, in affari con la famiglia del noto boss del litorale Carmine Fasciani, il giudice dell’udienza preliminare Alessandra Tudino ha emesso 5 condanne e 4 assoluzioni. Sono stati rispettivamente condannati a otto anni di reclusione Diego R., a tre anni e quattro mesi Antonio B., a due anni e quattro mesi Giovanna B. e Daniele C., e infine a due anni Maria Luisa P..

Il magistrato ha anche disposto una serie di pene accessorie tra cui il sequestro degli stabilimenti balneari 'Il porticciolo', 'Malibu beach', 'Dottor Fish' e ‘Emmediesse’. Le condanne inflitte dal gup sono state decisamente minori rispetto a quelle richieste dai pubblici ministeri Michele Prestipino e Ilaria Calò. I due pm avevano infatti chiesto per Diego R. la condanna a 14 anni di carcere in quanto considerato uno degli organizzatori di un fiorente traffico di droga dalla Spagna, stroncato dai carabinieri del Gruppo di Ostia nel corso dell’operazione ‘Coca rent’ che portò al sequestro di ingenti quantitativi di cocaina dalla penisola iberica all’Italia, 10 anni per Antonio B. e 4 anni ciascuno per gli altri tre imputati. Assolti con diverse formule Andrea D.C., Tommaso M. e Fabio K. per i quali Prestipino e Calò avevano chiesto la condanna a 8 anni di carcere. Assolto anche Fabio L.B. per il quale era stata chiesta una condanna a 3 anni e mezzo.

Nel procedimento giudiziario si sono costituiti parte civile il comune di Roma, la Regione Lazio, l’associazione Libera e Sos Imprese. Il processo scaturisce a seguito dell’operazione ‘Alba nuova’, condotta dalla Squadra mobile di Roma, che all’alba del 26 luglio dello scorso anno portò all’arresto di 51 persone affiliate ai clan Fasciani e Triassi. Il processo di ieri è il primo di una serie che coinvolgerà anche la famiglia Triasse, impegnata in ‘biz’ illeciti sul litorale di Ostia che vanno dal traffico di droga a quello di armi, dal riciclaggio ai videogiochi all'acquisizione in 'stile mafioso' dei locali e delle spiagge del litorale.  “Una sentenza importante, che certifica dal punto giudiziario che la mafia c'è, dunque esiste anche a Roma. Un altro duro colpo al clan che per anni ha condizionato e condiziona la vita economica e democratica del litorale romano, arrivando sin dentro il cuore della città”, hanno commentato all’associazione Libera, l’organizzazione non governativa fondata da don Luigi Ciotti, impegnata quotidianamente per sconfiggere la criminalità organizzata: “Per troppo tempo si è fatto finta di non vedere ciò che era sotto gli occhi di tutti senza accorgersi che giorno dopo giorno le mani delle mafie avevano conquistato settori dell'economia romana. Le infiltrazioni mafiose, che interessano questo territorio come ormai la maggior parte delle zone del Paese, si contrastano con la repressione e gli strumenti giudiziari, ma il primo e imprescindibile strumento rimane il risveglio delle coscienze, l'orgoglio di una comunità che antepone il bene comune alle speculazioni e ai privilegi, contrastando in tutte le sedi la criminalità organizzata e i suoi complici”, hanno dichiarato in una nota a Libera.