Roma – Maxi-sequestro di ville con piscina, palazzine, appartamenti e terreni, conti correnti e auto di lusso per oltre quattro milioni di euro a Guido Casamonica, 41 anni, esponente dell’omonimo clan, attualmente detenuto nel carcere di Orvieto (Tr) dove sta scontando, dal mese di novembre 2015, una pena che si concluderà il 7 ottobre 2025 per i reati di rapina aggravata, minaccia grave e lesioni personali aggravate. Ad effettuare il sequestro i finanzieri del comando provinciale della Guardia di finanza di Roma.


IL PROVVEDIMENTO - Il provvedimento, disposto dal Tribunale civile e penale di Roma - Sezione per l’applicazione delle misure di prevenzione nei confronti delle persone pericolose per la sicurezza, eseguito dagli specialisti del Gico (Gruppo Investigazione Criminalità Organizzata) del Nucleo di polizia tributaria di Roma, giunge al termine di complesse indagini di polizia economico-finanziaria, avviate nel corso del 2014 e, successivamente, coordinate dalla locale Direzione Distrettuale Antimafia, sviluppate nei confronti del ldestinatario dei sequestri il quale, oltre ad annoverare condanne per minaccia, estorsione, rapina e lesioni personali, risulta gravato, a partire dal 1995, da numerosi pregiudizi di polizia per favoreggiamento, inosservanza di provvedimenti dell’autorità, violazione alle norme in materia di controllo dell’attività urbanistico/edilizia, associazione a delinquere finalizzata all’usura, evasione dagli arresti domiciliari e danneggiamento.


GUIDO CASAMONICA - Il nome di Guido Casamonica, nipote del fu Casamonica Errico, uno dei primi, insieme al più noto Vittorio, 66 anni, ad aver raggiunto la Capitale proveniente dall’Abruzzo, era balzato agli onori delle cronache già nel marzo 2010 quando fu arrestato dopo la denuncia presentata da Mehdi Dehnavi, un imprenditore di origini iraniane titolare di un’azienda nel settore della lavorazione del marmo, che era stato selvaggiamente picchiato da Guido Casamonica, aiutato da altri malviventi, per aver !osato chiedere il giusto compenso per i lavori eseguiti presso una lussuosa villa in via della Borghesiana (anch’essa oggetto del sequestro di oggi, ndr) e per essersi rifiutato di consegnare, ai suoi aggressori, 10 capitelli in marmo senza essere pagato”.


LE MINACCE - Emblematiche le parole utilizzate da Casamonica Guido il 17 febbraio 2010. Dalle intercettazioni telefoniche il 41enne chiamò telefonicamente Mehdi Dehnavi e lo minacciò dicendogli "tu chi sei per parlarmi così, chi ti ha dato il permesso di parlare così con me ... pezzo di merda sto venendo lì a prendere la mia roba aspettami".


L’AGGRESSIONE - Nel pomeriggio dello stesso giorno, le minacce concretizzarono. Guido Casamonica ed un suo sodale andarono nel laboratorio di marmo e, oltre a minacciare nuovamente il Dehnavi "tu sai chi siamo noi, se non mi dai i capitelli ti uccidiamo, ti diamo fuoco alle tue dita e poi chiudiamo tutto", lo colpirono con calci e pugni al volto, sulla testa e sulla schiena anche con pezzi di marmo, provocandogli profonde ferite. Il giorno dopo, il commerciante iraniano fu nuovamente pestato brutalmente dallo stesso Camamonica Guido e da altri tre suoi complici con bastoni, procurandogli contusioni multiple guaribili in 20 giorni.



LA DENUNCIA-QUERELA - Il clamore suscitato all’epoca dalla vicenda indusse, poche settimane dopo, un altro artigiano del marmo a presentare anch’egli una denuncia-querela per una vicenda analoga nella quale il committente Guido Casamonica, dopo aver rilasciato un piccolo acconto, aveva, con violenza e minaccia, preteso di non pagare il saldo dovuto.


GLI EPISODI – “Tali inequivoci episodi delittuosi rappresentano solo un tassello del più ampio quadro d’insieme ricostruito minuziosamente nel corso delle indagini del Gico, che ha consentito di delineare compiutamente il profilo criminale di Casamonica Guido, soggetto dalla personalità violenta e prevaricatrice, incline a commettere reati, anche gravi - come documentato da indagini di polizia giudiziaria a partire dal 1995 e fino a tutto il 2015 - dedito in maniera esclusiva ad attività illecite di varia natura ed i cui interessi principali si sono sviluppati prevalentemente nel campo della truffa e delle estorsioni”, si legge nella nota della guardia di finanza diffusa oggi.


IL SEQUESTRO – “La verifica della sussistenza della pericolosità sociale del soggetto è stata accompagnata dallo sviluppo di approfonditi accertamenti patrimoniali, sul conto di persone fisiche e giuridiche, al fine di aggredire i patrimoni illecitamente accumulati. Dalle investigazioni è emerso, infatti, che cospicue somme di denaro, frutto delle illecite attività delinquenziali poste in essere, siano state reimpiegate, nel corso degli anni, sia direttamente che indirettamente mediante investimenti di natura immobiliare, del tutto incongruenti con la capacità contributiva propria e dei familiari conviventi. Tale sproporzione, unita alla qualificata pericolosità sociale, ha quindi permesso di richiedere, ai sensi del dettato normativo del “Codice Antimafia” (D. Lgs. n. 159/2011), il sequestro finalizzato alla confisca dell’intero patrimonio al medesimo direttamente o indirettamente riconducibile”, prosegue la nota.


Le risultanze delle complesse investigazioni esperite sono state partecipate al Tribunale di Civile e Penale di Roma - Sezione per l’applicazione delle misure di prevenzione che, condividendo l’impianto accusatorio prospettato dalla locale D.D.A., con proprio provvedimento, ha disposto il sequestro di: quote consortili di n. 1 consorzio con sede in provincia di Roma;  n. 24 unità immobiliari (n. 15 fabbricati e n. 9 terreni), ubicate a Roma e provincia;  n. 2 autovetture;  rapporti bancari/postali/assicurativi/azioni, per un valore complessivo di stima dei beni sottoposti a sequestro di circa 4.000.000 di euro.


I BENI - Tra i beni sequestrati, particolare rilievo assumono n. 2 complessi immobiliari, costituiti da una villa su due livelli, con annessa piscina, e da un altro immobile, composto da 14 appartamenti a ridosso della via Casilina, tra via della Borghesiana e via di Rocca Cencia, gran parte dei quali edificati in violazione delle norme edilizie ed i cui lavori di ampliamento sono proseguiti, nel tempo, nonostante fossero intervenute reiterate denunce da parte delle autorità competenti.