Ostia - Si chiude la vicenda sulla morte di una delle più grandi personalità del nostro tempo Pier Paolo Pasolini,  morto amazzato il 2 novembre del 1975 all’idroscalo di Ostia. Il gip Maria Agrimi, che si occupava del fascicolo ha accolto la richiesta, nel febbraio scorso dal procuratore aggiunto Pierfilippo Laviani e dal sostituto Francesco Minisci, di archiviare il caso. Per le cinque tracce di dna rinvenute sul luogo dell’omicidio non è stata data nessuna attribuzione, eccetto quello di Pino Pelosi, che ha scontato 9 anni e 7 mesi di reclusione. La nuova indagine era stata avviata nel 2010 dopo la denuncia presentata da Giudo Mazzon, cugino della vittima. E così si era arrivati a trovare nuove tracce di dna, che però non avevano dato nessun nome, perché nella richiesta di archiviazione si legge che oltre all’impossibilità di dare una “paternità” dei codici genetici individuati è anche impossibile collocarli temporalmente. L’avvocato penalista di Mazzon Stefano Maccioni, ha detto “Non nascondiamo un’evidente amarezza in relazione alle motivazioni addotte dal giudice a sostegno della propria ordinanza di archiviazione. Ancora una volta si è persa l’occasione per indagare sul vero movente di questo omicidio e continua dicendo – la novità rispetto al passato è quella di aver riconosciuto la presenza di altre persone, oltre a quella di Pino Pelosi, sulla scena del crimine”. La deputata Sel in una nota ha detto: “E’ assolutamente scandaloso che oggi, dopo 40 anni dalla morte di Pasolini, il processo si concluda con un nulla di fatto, senza colpevoli e con una archiviazione. Come ucciderlo due volte”.