New York – Sono trascorsi dodici anni da quel terribile 11 settembre del 2001 a New York ma in tutto il mondo si continua a ricordare con grandissimo dolore quella data. E quell’attentato, rivendicato dagli estremisti islamici di Osama Bin Laden, che distrusse le Twin Towers, le Torri gemelle della Grande Mela, in cui persero la vita circa 3.000 persone tra civili, impiegati, vigili del fuoco e agenti di polizia.
Quel giorno morirono 346 pompieri: e non tutti sono stati ritrovati. Subito dopo l’attacco l’allora sindaco della Big Apple dichiarò: “Ricostruiremo. Ne usciremo più forti di prima: politicamente più forti, economicamente più forti. Lo skyline tornerà ad essere nuovamente completa”. E’ infatti in costruzione la nuova Freedom Tower, la cui ultimazione dovrebbe avvenire il prossimo anno. Una volta finita sarà, con i suoi 541 metri, uno degli edifici più alti degli Stati uniti del nord. Oggi a Ground Zero si ripeterà la cerimonia in cui verranno letti soltanto i nomi delle vittime. E poi il silenzio. Infuriano intanto le polemiche non solo sull’apertura del ‘National September 11 Memorial Museum’, costato più di un miliardo di dollari, che dovrebbe essere inaugurato nel 2014, e preoccupano le condizioni di salute delle persone delle squadre di soccorso che continuerebbero ad ammalarsi per aver inalato le polveri sottili. Secondo alcuni studi sarebbero un migliaio le vittime dell’attentato accaduto nel centro di Manhattan. A dover ricorrere alle cure dei sanitari sarebbero inoltre tra i 20.000 e i 40.000 volontari e lavoratori. L’attentato, insomma, continua ad uccidere. Il presidente Barak Obama, premio Nobel per la pace, sulla questione siriana apre intanto ad una soluzione diplomatica, confermandosi uomo di pace.
“Il paese è stanco di guerre”, ha detto ieri sera in un discorso alla nazione di circa quindici minuti: “se non reagiamo, Assad continuerà ad usare le armi chimiche. E forse altri lo seguiranno. Nell'interesse della sicurezza nazionale degli Stati Uniti bisogna rispondere, servirà da deterrente. Quando si deve fermare l'uccisione di bambini con i gas gli Stati Uniti hanno il dovere di agire”.
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