"Tutti noi siamo abituati all'idea di avere una casa. È qualcosa che diamo per scontato. Proviamo per un attimo a pensare che non sia più così: la prospettiva da cui guardiamo la nostra vita sarebbe completamente diversa."  

Fulvio Ferrari, ingegnere e docente all'Università di Roma3, prova a riassumere così la vita dei senza fissa dimora ai ragazzi del liceo Labriola. In platea cala il silenzio, e si capisce che tutti stanno pensando la stessa cosa. Che significa non avere una casa? Oggi gli studenti del Labriola l'hanno domandato direttamente a loro, i Rom del campo della Pineta delle Acque Rosse, invitati a un incontro organizzato dai giovani liceali del gruppo studentesco di iniziativa sociale dell'istituto.

I Rom entrano in aula e si raccontano. Senza timori e senza remore, come raramente gli capita di poter fare. Per condividere con gli altri, noi, il popolo dei non nomadi, un piccolo pezzo del loro mondo. Un mondo sconosciuto,  mal giudicato, vittima di pregiudizi e che troppo spesso fa paura. Ma che riserva anche, a uno sguardo più attento, impensabili sorprese.

"Io sono andato via tanti anni fa, eravamo in dieci in una macchina e abbiamo viaggiato fino in Italia. È stato difficile arrivarci, allora non c'era ancora la comunità europea, alla frontiera c'erano i controlli" ricorda Marcus, uno dei ragazzi che adesso vive nella comunità Rom della pineta delle Acque Rosse. "Ce ne andiamo dal nostro paese perché non riusciamo a mantenere i nostri figli, non abbiamo una casa e non possiamo permettercela. I bambini li lasciamo coi nonni, ogni tanto mandiamo dei soldi. Gli diciamo che veniamo qui per assicurargli un futuro, per offrire loro una vita migliore."

Un benessere che però nemmeno in Italia, a differenza di tanti altri immigrati, i Rom riescono a trovare. "Ci alziamo ogni mattina pensando dove possiamo andare per guadagnarci la giornata. Siamo dappertutto, dove non te l'aspetti, noi siamo là. Qualche volta troviamo delle persone che ci aiutano, ci danno qualche lavoretto da fare, qualcosa da mangiare, dei vestiti". Ma non è mai abbastanza per riuscire a mettere su casa. Una casa che loro, i Rom della Pineta delle Acque Rosse, affermano di volere. "Non siamo nomadi per scelta. Tutti vogliono avere un lavoro, tutti vogliono avere una casa".

Una prospettiva, quella della stabilità, che appare irraggiungibile, lontanissima, se non dalla loro cultura, quantomeno dalle loro possibilità. Così loro continuano a restare lì, almeno fino al prossimo sgombero. Nascosti dal verde della pineta, si arrangiano come possono e vanno avanti alla giornata, costruendo con quello che trovano un simulacro di casa. E l'opinione pubblica si divide: da un lato chi li scredita, giudicandoli ladri e accattoni, dall'altro chi guarda invece alla soluzione del loro problema abitativo.

"Proviamo a vedere queste persone come una risorsa. Loro hanno la possibilità di risolvere da soli il problema della casa: costruendosela. Ma qui in Italia non gliene viene data l'opportunità" spiega l'ing. Fulvio Ferrari. "In altri paesi, per esempio in Sudamerica, lo Stato non assegna case popolari ma lotti di terreno dotati di acqua corrente ed elettricità, dove ognuno può costruirsi la sua dimora. Noi miriamo a raggiungere questo obiettivo" conclude.

La sua è una delle tante proposte che arrivano dal mondo degli operatori dei diversi settori che lavorano quotidianamente a contatto coi senza fissa dimora, per favorire l'integrazione e offrire sostegno alle 1700 famiglie che, solo nel territorio romano, non hanno una casa. Come Francesco, italiano, che vive in una roulotte accanto all'accampamento nomade delle Acque Rosse.

"Ho lavorato vent'anni in Germania, poi mi hanno licenziato. Allora ho deciso di tornare in Italia, dove sono nato e dove voglio morire" racconta Francesco. "Ma qui in Italia non avevo una casa" aggiunge "e non la ho tuttora. Per questo vivo con i nomadi. Ho preso parecchie denunce, ma non ho dove andare. E allora resto qui e faccio come loro: ogni mattina mi alzo e cerco qualcosa da fare per tirare avanti la giornata. Siamo buoni vicini, non ci diamo fastidio".

Di tanto in tanto qualcuno passa al campo e gli lascia delle coperte, qualcosa da mangiare. Non sembra un brutto modo di vivere, ma a tormentare Francesco è la paura. "Hai paura tutti i giorni, e tutte le notti soprattutto. Dormire in roulotte non è sicuro, e in pineta può passare chiunque, anche gente poco raccomandabile".

Francesco, come tanti altri senzatetto, non ha una pensione né un sussidio. L'unica cosa che può fare è attendere l'intervento dello Stato. Nella speranza che gli venga assegnata una casa. Come, a quanto pare, chiedono anche i Rom delle Acque Rosse.