Obesità: la pandemia del globo
L’obesità è una condizione caratterizzata da un eccessivo accumulo di grasso corporeo, in grado di causare effetti negativi sulla salute con una conseguente riduzione dell'aspettativa di vita. Essa rappresenta oggi, dopo il fumo, la principale causa di morte prevedibile in tutto il mondo. Un soggetto obeso è esposto a un rischio maggiore di sviluppo di numerose malattie e condizioni, tra cui mortalità, malattie cardiologiche, diabete, pressione alta, disturbi psichiatrici. Nella società moderna, cosiddetta del benessere, si è perso il rapporto naturale con il cibo; si sono persi i tempi persino per riflettere, quindi se da una parte la scienza fa progressi e la ricerca ci da strumenti per vivere meglio e più a lungo, dall’altra i ritmi frenetici e lo stress ai quali siamo sottoposti, spesso non ci lasciano il tempo per prenderci cura di noi stessi con attenzione. Ci sono poi i media e i social a giocare un ruolo fondamentale specialmente per i più giovani, dove troppo spesso l’immagine corporea sembra avere più valore dell’identità delle persone. Anche così si produce purtroppo una profonda alterazione del rapporto tra l’uomo e il cibo.
Abbiamo voluto affrontare questo problema del mondo globale con la dottoressa Fabiana Nuccetelli, psicologa in neuroscienze cognitive e riabilitazione psicologica che ha svolto docenze in ambito organizzativo proprio sulla Gestione del Tempo.
Ci può essere una correlazione tra depressione, che rappresenta un altro grande problema mondiale, e obesità?
< Certo, è ovvio che mente e corpo interagiscono. Esiste una crescente evidenza scientifica che mostra come l'obesità e la depressione siano fortemente correlate. Esse risultano essere mutualmente legate sia nella patogenesi che nella remissione, anche se non sembra ancora possibile stabilire quale delle due condizioni possa considerarsi la causa e quale l'effetto. In termini d’incidenza, le persone obese hanno un rischio maggiore del 55% di sviluppare depressione nel tempo, mentre le persone depresse hanno il 58% di rischio in più di diventare obese. Ricerche recenti hanno dimostrato che persone in sovrappeso o obese presentano maggiori probabilità di sentirsi depresse circa una settimana al mese. Tipicamente l’adulto obeso compensa sentimenti di vuoto, disvalore e di colpa utilizzando il cibo. Un dato curioso è che anche se le donne sono leggermente più a rischio di avere un indice di massa corporea non sano rispetto agli uomini, esse tendono ad essere molto più vulnerabili all’associazione obesità-depressione. Le donne obese hanno, infatti, una maggiore probabilità di sperimentare disagio mentale e depressione in associazione all'aumento del proprio peso corporeo. Mentre negli uomini, tale correlazione è debole e inconsistente. In uno studio sull’obesità nelle donne è stato rilevato un aumento di peso del 37 per cento in associazione alla depressione maggiore. Sembra esser presente anche una forte relazione tra le donne con un elevato indice di massa corporea e frequenti idee suicidarie. In generale, molti individui obesi sono costretti a subire discriminazioni e stigmi connessi all'obesità, questo può sicuramente contribuire al disagio psicosociale, in particolare alla depressione. Un recente studio ha dimostrato che la riduzione di peso, sia questa il risultato di un’ attività fisica sostenuta, restrizione calorica, psicoterapia o chirurgia bariatrica, promuove un miglioramento dei sintomi depressivi e facilita l’instaurarsi di un circolo virtuoso che conduce al miglioramento del profilo psicologico e fornisce un rinnovato stimolo motivazionale nel raggiungimento di una migliore forma corporea. Sia l’obesità che la depressione rappresentano due emergenze socio-sanitarie globali e sono strettamente legate alla sfera psicologica del paziente, Un valido intervento permette di far entrare il paziente obeso in contatto con le sue emozioni, gestire lo stress, l'ansia e il senso di vuoto, attraverso modalità più efficaci e funzionali in alternativa alla condotta alimentare problematica, per non ricadere nel circuito malessere-mangiare-malessere. Inoltre è importante sviluppare l'auto-accettazione dell’immagine corporea e accrescere l'autostima, allo scopo di costruire un nuovo senso di autoefficacia che alimenti aspettative positive per il suo futuro. Purtroppo nella società moderna, soprattutto nei paesi occidentali, si pensa che essere magri sia sinonimo di bellezza.
Questo dover essere necessariamente magri per sentirsi vincenti o semplicemente accettati nei diversi contesti di vita, influisce in senso negativo sullo sviluppo dell’immagine corporea e di conseguenza sulla condotta alimentare. I mass media, i social network, e tutti i mezzi di comunicazione contemporanei, nei quali basta un filtro di un’applicazione per foto per rendere tutti più vicini a ciò che oggi si considera la perfezione, falsano sempre di più la realtà. Mostrando modelli di riferimento inarrivabili e’ facile sentirsi inadeguati e sviluppare un rapporto problematico con il proprio corpo. Chi ad esempio e’ in sovrappeso o obeso vede il proprio corpo allo specchio come qualcosa di cui vergognarsi o come la testimonianza di un fallimento personale; nel caso di chi soffre di anoressia, invece, un corpo decisamente non in salute e denutrito viene percepito come un successo.
Inoltre il cibo, necessario per la sopravvivenza della specie umana tanto quanto quella animale, assume nel nostro mondo una connotazione decisamente sociale. Basti pensare che se vogliamo vedere un amico per fare quattro chiacchiere solitamente lo invitiamo a pranzo, a cena o a prendere un gelato o un caffè. Nelle nostra cultura tutto gira intorno al cibo, se mangi qualcosa di diverso ti senti persino escluso dal gruppo.
Mi sento di dire che moltissimi dati relativi allo sviluppo di molte delle malattie che uccidono nella nostra società sono strettamente dipendenti allo stile di vita frenetico che abbiamo. Ci capita di mangiare per la maggior parte delle volte fuori casa, ci si incontra in locali, ristoranti, pub, spesso senza accorgercene ci nutriamo di cibo spazzatura e non dedichiamo la giusta attenzione all'alimentazione o all’attività fisica.>
Ci sembra dunque chiaro, dopo questa chiacchierata con la Dottoressa Nuccetelli, che oltre i numeri, i dati, la lettura medico-scientifica, esiste sempre l’elemento sociale che influisce in maniera imprescindibile sulla vita di ogni individuo. Siamo sottoposti inevitabilmente alle conseguenze di un sistema politico-sociale che presta troppa poca attenzione al benessere fisico e mentale degli uomini. Il mondo oggi necessita di una riprogrammazione responsabile ed etica del tempo degli individui per riscoprirsi esseri umani. Ancora una volta viene alla luce come per influenzare positivamente gli stili di vita occorra porre mano al significato e al senso dell’esistenza umana, per riscoprire il valore della persona come tale e quale straordinario dono è la vita sempre.
Autore: Simona Olive