All’Ecomuseo il lavoro operaio attraverso l’occhio di Micheal Moore e dei fratelli Dardenne
Ostia - Lavoro operaio e condizione sociale dei lavoratori. Questi sono i temi comuni che i diversi linguaggi dei due film in programma sabato 2 e domenica 3 febbraio affrontano.
Siamo al quarto week-end di programmazione della decima edizione di MemoriaCinema all’Ecomuseo del Litorale Romano e come da piacevole abitudine, i temi proposti sono affrntati attraverso il cinema documentario e quello del reale.
Sabato 2 febbraio alle ore 15 tocca a Roger and me (1989), esordio alla regia del documentarista ed opinion leader Micheal Moore, incentrato sulla figura e sulle manovre gestionali del numero Uno di General Motors Roger Smith.
Come nella proiezione del sabato, siamo anche qui alle prese con il mondo operaio, la sua umanità e le sue difficoltà quotidiane. Mentre Moore ci “porta” nel Michigan del grande colosso americano, con i Dardenne ci ritroviamo catapultati nella loro natia Liegi, nei sobborghi che la circondano e ad avvicinare le condizioni di vita di chi più spesso un lavoro lo insegue per salvare un’esistenza drammatica.
Al termine delle proiezioni, appuntamento con gli Incontri sul cinema documentario e del reale, tenuti dal regista e ricercatore Paolo Isaja. L’ingresso alle proiezioni e agli incontri è gratuito.
Sala visioni dell’Ecomuseo del Litorale Romano in via del Fosso di Dragoncello 172, impianto idrovoro di Ostia Antica (zona Longarina). nfoline 338.8572997 / 065650609.
Trame dei film.
Roger and me (Usa, 1989) di Micheal Moore
Roger è Roger B. Smith, dal 1981 presidente della General Motors, la più grande casa automobilistica del mondo. "Me" è il giornalista Moore, autore di un film in cui racconta come e perché per due anni cercò inutilmente di parlare con il primo per indurlo a far visita a Flint (Michigan) dove la chiusura di undici stabilimenti della GM aveva lasciato senza lavoro trentamila operai. Esplicitamente arrabbiato, sanamente fazioso, irresistibilmente umoristico, è un film che serve per capire gli Stati Uniti e i suoi abitanti, il capitalismo e la libera impresa.
Ma occorre una bella faccia di bronzo per rimproverare, come fu detto, al David di Flint di ricorrere a qualche trucchetto nell'usare la fionda contro il Golia della GM. È un viaggio attraverso la faccia nascosta, occultata e buia degli Stati Uniti e del capitalismo trionfante, un viaggio che diverte e non annoia mai. Distribuito in edizione originale con sottotitoli, è il documentario che fino ad allora incassò di più nella storia del cinema.
Periferia di Bruxelles. Rosetta vive con la madre in una bidonville. La madre è alcolizzata e si prostituisce per una bottiglia. Rosetta è il capofamiglia, lavora ma viene licenziata, si arrabatta fra mille espedienti, vende vecchi abiti, pesca in una riserva. Ha dolori insopportabili alla pancia (si scalda col fono) e corre, corre sempre. C'è un ragazzo che l'aiuta, la fa anche lavorare (in nero), ma lei fa la spia e lo fa licenziare per rubargli il lavoro. E corre. Viene di nuovo licenziata.
La madre è andata a farsi disintossicare, torna e ricade. E Rosetta è ancora daccapo, sola, nella bidonville. E pensa di farla finita, ma la bombola del gas è vuota, ne compara una nuova, la porta con fatica. Il ragazzo che ha tradito arriva in suo aiuto. Così la speranza non muore.
Si parla tanto di dogma ed ecco il film dogma-che-più-dogma-non-si-può. La cinepresa a spalla tallona Rosetta a dieci centimetri per tutto il film. Ma i contenuti e la sostanza riescono a intergrarsi con l'artificio, che altrimenti sarebbe mortale (come lo è nel caso di Idioti dell'inventore del Dogma von Trier). Film amaro, povero, ma per qualche verso geniale e indispensabile. Vincitore della Palma d'oro a Cannes 1999.
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