Ostia, Arcamone: “Strage di Prato: pietà per questi cinesi senza nome”
Ostia – “Sono miei fratelli questi cinesi senza nome. Li riconosco, ad uno ad uno. Volto per volto. Non li pensate senza nome. Non li seppellite senza lapide. Sono miei fratelli. Li conosco. Uno per uno. Ed è a ciascuno che voglio chiedere pietà. Perdono per questa nazione che non li merita. Per questo paese che disprezza il lavoro ed i lavoratori. E perciò se stesso. In questo paese dove il lavoro nero - ricchezza senza tasse per chi lo sfrutta - è tollerato come normalità, quasi privilegio per chi lo subisce. Dove una donna firma le sue dimissioni il giorno in cui viene assunta - dovesse rimanere incinta. Dove un giovane su due non studia né lavora. E se lavora, quando non s'accontenta di trenta euro per dieci ore in piedi in una pizzeria, deve accettare progetti o collaborazioni fantasma per lavorare in realtà da dipendente, ma senza diritto alcuno. Dove una donna di 50 anni firma un cedolino per 40 ore settimanali e ne lavora 80. Dove un uomo piange davanti a figli impotenti la sua schiavitù presso padroncini arroganti, senza poter alzare a testa della sua dignità. Pietà per questo paese da dove chi cerca futuro fugge e chi viene trova morte. Pietà perchè questo paese non è solo questo, ma ci vuole forza per mostrarlo”. E’ questa l’accorata riflessione di Mirella Arcamone, docente di lettere al liceo Anco Marzio di Ostia sulla terribile strage di Prato dei giorni scorsi nella quale sono morti alcuni cinesi intrappolati in uno scantinato in fiamme. Lo scritto sarà pubblicato su impegno educativo.it.
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