Ostia – Da lunedì 4 luglio è stata chiusa la week surgery, un reparto dell’area chirurgica dell’ospedale Grassi dove dal lunedì al venerdì vengono effettuati degli interventi programmati. La week surgery può ospitare fino a 24 pazienti assistiti da 8, 10 infermieri. Adesso è arrivata la chiusura del reparto che, salvo complicazioni, dovrebbe riaprire lunedì 18 luglio, tra due settimane. Alla base del provvedimento la mancanza di personale che ha già determinato in radiologia la soppressione degli ambulatori con le sedute del mercoledì, la riduzione a due volte la settimana delle mammografie mentre per il mese di agosto, fanno sapere da radiologia, la sospensione della risonanza magnetica.


LE REAZIONI - “Una situazione drammatica”, commenta un operatore sanitario che desidera mantenere l’anonimato, “in cui affermare che si riaprirà il 18 luglio significa semplicemente prendere tempo anche perché, al momento, per quella data non è prevista alcuna soluzione certa né, per quel che mi risulta, arrivo di personale. La week surgery è stata chiusa perché non c’erano infermieri che potessero operare nel reparto. Senza contare che le chiusure rappresentano soltanto il classico modo per ‘mettere una pezza’ ad uno stato di cose in cui si preannunciano altri tagli, altri ‘pezzi’ della sanità locale che cadranno. Che il Cpo riaprirà a settembre è un’altra utopia, sia chiaro: personalmente non ci credo”.


“Si va verso la privatizzazione: il Grassi perde ‘pezzi’ importanti e allora”, spiega un dirigente sindacale, “per curarsi i malati saranno costretti a muovere verso altri ospedali oppure a rivolgersi alle strutture private, pagando, ovviamente. Quello che attende il Grassi è preoccupante: si parla di un accorpamento con il Sant’Eugenio, cosa che comporterebbe la riduzione del ruolo dell’unico ospedale del litorale romano a mero pronto soccorso, come già accaduto con il San Giacomo, con la differenza che vicino c’è il Santo Spirito, o, peggio, alla situazione di degrado del Forlanini, dove di recente si è pure verificata la morte nei locali dismessi della povera ragazza di 16 anni uccisa forse da un’overdose. In ogni caso”, conclude, “non molleremo e cercheremo di fare il possibile per salvaguardare l’unico ospedale del mare di Roma. Purtroppo questa è una conseguenza della 161”.


REPARTO DEL CPO - L’ultima settimana di giugno a chiudere era stato uno dei due reparti di degenza del Cpo per carenza di personale infermieristico. A determinare la drastica decisione l’impossibilità di sostituire gli infermieri in ferie durante la stagione estiva. I pazienti, rappresentati dall’Amo – Associazione mielolesi Ostia, che pure, intuendo un simile provvedimento avevano dato battaglia e inscenato proteste e sit in, alla fine hanno dovuto arrendersi e accettare la chiusura e la dimissione di 14 malati. Giacomo Percoco, presidente dell’Amo, subentrato al battagliero Gennaro Di Rosa cui il presidio di viale Vega è intitolato, aveva incontrato il direttore amministrativo Paolo Farfusola nella sede della Asl Rm3, a Casalbernocchi, per chiedere di scongiurare la chiusura.


GIACOMO PERCOCO – “Ci hanno spiegato che le unità la cui assunzione è prevista arriveranno, sì, ma la procedura tra convocazione tramite telegramma e tempo utile per accettare o rifiutare, trattandosi di un mese, è lunga e quindi per questa estate non si sarebbe fatto in tempo”, spiega il presidente Percoco: “aspetteremo quindi che trascorrano questi mesi estivi in attesa di vedere se per il 15 settembre, come ci hanno assicurato, il piano di degenza riaprirà. A questo punto, però”, sottolinea, “non accetteremo più scuse: vogliamo che ci garantiscano quelle figure che per i pazienti del Cpo sono fondamentali, ovvero in primo luogo il chirurgo plastico, che dovrebbe arrivare da Perugia e che è diventato in viale Vega quasi una figura mitica, e poi il cardiologo, l’urologo e via via quegli specialisti che non ci sono più. Non vogliamo il Cpo tutto e solo per noi: due piani ci bastano, purché funzionanti”, continua: “abbiamo appreso che questo mese inizieranno i lavori di adeguamento del quarto piano che dovrebbe ospitare tra i 12 e i 15 pazienti dializzati. Bene”, conclude, “staremo a vedere se la parola sarà mantenuta e se il piano sarà davvero riaperto, altrimenti daremo battaglia”.