Ostia - Sono stati individuati e arrestati a conclusione delle indagini condotte dagli agenti del commissariato di Ostia, diretto dal primo dirigente, dottor Antonio Franco, un uomo e una donna di nazionalità rumena  di 30 e 29 anni. La coppia è ritenuta responsabile di aver venduto lo scorso mese di maggio un blister contenente alcune pasticche ad una ragazza di 17 anni per farla abortire. La vicenda ha inizio lo scorso mese di maggio quando la giovane, ancora minorenne, anch’essa di nazionalità rumena, al quarto mese di gravidanza e in attesa di portare a termine un parto gemellare, in seguito ai forti dolori addominali provocati dall’assunzione di farmaci ha deciso di rivolgersi ad una struttura sanitaria. 


I medici, dopo aver effettuato degli accertamenti, avevano riscontrato la presenza di una serie di condizioni riconducibili ai postumi della pratica di un aborto ed hanno avvisato la polizia. Le indagini degli investigatori sono scattate immediatamente e nonostante alcune reticenze e lo sviluppo piuttosto articolato, sono riuscite a ricostruire l’intera vicenda.  Il desiderio di mantenere nascosta alla madre una inaspettata gravidanza aveva infatti spinto la giovane, nonostante la disponibilità a riconoscere i figli da parte del suo fidanzato, a trovare il modo di “liberarsi” dei due feti. La ragazza, attraverso dei conoscenti, era riuscita a mettersi in contatto con una coppia, composta da una donna e da un uomo, suoi connazionali, che avrebbero potuto aiutarla ad abortire. Dopo un primo contatto, i tre si sarebbero incontrati nelle vicinanze di un casolare abbandonato, e in quel luogo la donna A.M.O., 29 anni, dietro il pagamento di 50 euro, aveva consegnato un blister contenente otto pasticche, fornendo tutte le indicazioni per la loro assunzione e garantendole che sarebbe riuscita ad abortire. Dopo aver eseguito la procedura indicatale però la giovane aveva iniziato ad avere dei problemi.  


Sempre più frequenti i dolori addominali e sempre più intensi fino a costringerla a rivolgersi ad un medico del consultorio che, all’oscuro delle cause di quell’aborto, le aveva consigliato di rivolgersi ad una struttura sanitaria pubblica. La giovane, che su precisa richiesta della donna le aveva garantito l’anonimato, nascondendo l’intera vicenda anche ai medici, è caduta in alcune contraddizioni insospettendo il personale sanitario.  Sono stati poi gli agenti del commissariato di via Genoese Zerbi a svolgere gli accertamenti e attraverso l’acquisizione di numerosi elementi sono riusciti a ricostruire la vicenda riuscendo ad identificare la coppia e le loro responsabilità.