A segnalare l’accaduto è Alessandro Ieva, presidente del comitato di quartiere Bagnoletto, che alla luce di quanto accaduto un paio di giorni fa si chiede innanzi tutto se “una città con 300.000 abitanti qual è Ostia, tra il Lido e l’entroterra, possa permettersi di non avere un pronto soccorso pediatrico” e se, poi, “sia corretto il protocollo applicato visto che trasportare un bambino dove non vi è assistenza mirata”, risulterebbe, alla fine, inutile.

 

 

L’esponente del direttivo si dichiara pronto ad impegnarsi anche presso la Consulta dei comitati, di cui fa parte il CdQ Bagnoletto, per informare e sensibilizzare sull’accaduto affinché non si ripeta. E perché, soprattutto, tutti – associazioni, comitati, forze politiche – si mobilitino. “Episodi come questo sono frequenti, ma non si può essere indifferenti quando è a rischio la salute dei bambini: occorre l’impegno di tutti”, spiega Alessandro Ieva.

 

 

Questi i fatti, così come li ha riferiti il presidente del comitato. Il piccolo Andrea (il nome è di fantasia a tutela della privacy, ndr), affetto da epilessia farmaco-resistente, vive con i genitori in un quartiere dell’hinterland lidense dove frequenta la scuola.

 

“E’ uno di quei bambini che necessitano, in caso di necessità, della terapia “salvavita””, aggiunge Ieva. Ed è quello che purtroppo si è verificato la mattina del 4 febbraio scorso quando Andrea, a scuola, è stato colto da una violenta crisi epilettica.

 

 

“Gli infermieri del presidio medico della scuola, dopo aver avvisato la mamma Lucia e il papà Claudio (nomi di fantasia per ragioni di privacy), e viste le condizioni fisiche del bambino, in stato di ipotermia (33, 34°), non hanno ritenuto di dover procedere alla somministrazione della terapia salvavita in quanto sconsigliata visto l’abbassamento della temperatura corporea. Hanno invece chiamato prontamente il 118 ed il bimbo è  stato trasportato in autoambulanza al pronto soccorso del Grassi”, continua Ieva.

 

 

“Andrea è arrivato al pronto soccorso alle ore 11.30 in stato di ipotermia, pupille dilatate (midriasi non reagente) e forte dolore retro-scapolare destro irradiato al braccio destro, con stato soporoso ed evidente crisi neurovegetativa”.

 

“Ma”, spiega Ieva, “ecco ora le ‘incongruenze’: l’ospedale G.B. Grassi non ha un pronto soccorso pediatrico né le attrezzature necessarie per assistere un bambino con disturbi neurologici;

l’autoambulanza preleva il bambino dalla scuola e lo porta in un ospedale che non ha il pronto soccorso pediatrico. I tempi di attesa sono elevatissimi: il primo intervento (analisi del sangue) è stato effettuato alle 15 (dopo circa tre ore e mezzo). In più”, sottolinea, “probabilmente sottovalutate all’accettazione, al bambino viene attribuito il codice verde, dopo altre ore di attesa il codice diventa giallo, e solo dopo altre 4 ore si decide per il ricovero”.

 

 

Ma quella lunghissima, terribile giornata non finisce lì.

 

 

“Alle ore 19 vengono inviati fax ad altri ospedali chiedendo la disponibilità del posto letto: l’esito è negativo. Il primario informa Claudio e Lucia che, considerata la mancata disponibilità dei posti letto negli altri ospedali, il bambino sarebbe stato trattenuto al Grassi in osservazione con i soli controlli di routine in quanto ospedale non specializzato. A questo punto”, prosegue, “viste le premesse, i genitori contattano il neurologo presso il quale è in cura Andrea, e solo dopo un suo consulto e visto il regredire dei sintomi in precedenza manifestati, decidono di rifiutare il ricovero e assisterlo a casa. Alle 19.30, il bimbo viene dimesso e termina così una giornata di “ordinaria anomalia” dalla quale il bambino esce stremato”.

 

 

“Ho voluto raccontare  l’esperienza del piccolo Andrea e della sua famiglia, ma come lui tanti altri bambini vivono disagi di questo genere, costretti a recarsi a Roma, perché il XIII municipio, con un bacino d’utenza così elevato, non può permettersi il lusso di non avere un pronto soccorso pediatrico”.

 

“Ho raccontato una storia vera, ma ora è necessario far seguire le azioni, che siano attraverso comitati, associazioni o movimenti affinché chi amministra provveda dotando il presidio ospedaliero di un pronto soccorso pediatrico  e delle attrezzature idonee per accogliere d’urgenza i piccoli”, conclude Alessandro Ieva.