Cenone di natale “sobrio”: sulle tavole i cibi della tradizione
Roma – Il cenone di natale ai tempi della crisi: tavole imbandite o no? Nonostante l’attuale congiuntura economica gli italiani in occasione di queste feste cercheranno di non fare a meno dei cibi della tradizione. Ma emerge subito un cambiamento di rotta: niente più specialità esotiche ma prodotti rigorosamente made in Italy.
Secondo i dati diffusi da Coldiretti, si spenderanno 197 euro per famiglia per le tavole della feste di fine anno con gli alimentari e le bevande che sono l'unica voce di spesa che sostanzialmente tiene (+2,1%) in questi tempi. E' quanto emerge da una analisi dell’associazione sulla base dell'indagine «Xmas Survey 2012» di Deloitte dalla quale si evidenzia che cibi e vini rappresentano il 36% delle spese di natale.
«Non si rinuncia a preparare pranzi e cenoni o a gratificare parenti e amici ma - sottolinea la Coldiretti - si qualifica la spesa con una netta preferenza di prodotti del territorio locali e made in Italy. Sulle tavole degli italiani crollano le mode esterofile pagate a caro prezzo come champagne, caviale, ostriche, salmone o ciliegie e pesche fuori stagione a favore dell'aumento dei prodotti made in Italy magari a chilometro zero».
Saranno stappate il 24% in meno di bottiglie di champagne, calano caviale e succedanei del 12% mentre tende a scomparire anche la frutta esotica (-12%). Da un sondaggio Coldiretti/Swg emerge che ben il 44% degli italiani preferisce acquistare prodotti locali e lo fa soprattutto perché ha un valore anche economico, ben il 35% degli italiani infatti è convinto che acquistando prodotti locali si crei ricchezza locale.
Federalimentare è categorico: si annuncia un gramo cenone. Secondo quanto prevede l’associazione, i consumi alimentari in occasione delle prossime feste caleranno di 100 milioni di euro. Sul calo della domanda quest'anno pesa, rispetto alla sostanziale tenuta del natale scorso, l'Imu sulla prima casa, che «costituirà un ulteriore, forte drenaggio di spesa per l'80% delle famiglie italiane proprietarie di casa», sostiene Federalimentare.
L’associazione ricorda infatti che i consumi nazionali complessivi del Paese sono stati pressoché stazionari nel quadriennio di crisi che abbiamo alle spalle (hanno accumulato solo nell'ultimo biennio una perdita di circa 2 punti in termini reali rispetto al livello pre-crisi); mentre quelli alimentari hanno accusato in parallelo un vistoso calo cumulato fra i 9 e i 10 punti percentuali, con un taglio specifico, nel 2012, tra i 2,5 e i 3 punti.
«Le ragioni del fenomeno - dichiara il presidente Federalimentare Filippo Ferrua - si legano in gran parte al fatto che i consumi totali sono stati sostenuti in questi anni dalla crescita dei prezzi dell'energia e dei servizi, in particolare quelli tariffari, mentre le famiglie, dopo questi drenaggi della spesa e dopo l'accentuarsi della pressione fiscale, si sono rivolte in gran parte proprio al comparto alimentare per limare quotidianamente le spese».
Una situazione questa che è «conferma della china pericolosamente recessiva innescata dall'inasprimento della pressione fiscale, che spero induca il Governo a reperire le risorse necessarie a scongiurare il prossimo aumento dell'Iva previsto a luglio», sottolinea Ferrua.
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