Ostia, Casa del parto: prosegue lo stato di agitazione delle ostetriche
Ostia – All’ospedale Grassi di Ostia è stato confermato lo stato di agitazione, già in corso, delle ostetriche per denunciare la carenza di personale e chiedere, nuovamente, la revoca immediata dell’obbligatorietà al regime di reperibilità per sopperire alle necessità della Casa del parto naturale Acqualuce.
A venti giorni dalla proclamazione dell’agitazione, non vi sono infatti state risposte da parte della Direzione aziendale della Asl RmD. Le operatrici sanitarie, nel corso dell’assemblea indetta dalla Rsu venerdì scorso, hanno deciso di intraprendere, quale ulteriore forme di lotta, il blocco degli straordinari. Inoltre, nel caso la richiesta non sia accolta, è stata discussa l’ipotesi di proclamare lo sciopero del personale all’interno del blocco parto.
Le ostetriche sono stanche di “prestare” la propria opera anche ad Acqualuce, la struttura esterna al Grassi che si trova in perenne carenza di organico. L’allarme per la situazione insostenibile del centro, dove manca personale dedicato nonostante uno stanziamento regionale di 510 mila euro, è stato ripetutamente lanciato.
Il Comitato a difesa della casa del parto ha organizzato manifestazioni e proteste fino al blitz con le mamme in dolce attesa presso la sede della Direzione generale della Asl RmD di Casalbernocchi, lo scorso aprile. Da una parte ci sono le donne che desiderano partorire in modo naturale e “dolce”, costrette ad una lunghissima lista di attesa, con ben poche probabilità di veder nascere il proprio bambino senza il ricorso al parto medicalizzato, dall’altra le ostetriche, stremate da pesantissimi turni di lavoro.
“Il servizio “Acqualuce”, dopo anni di “sperimentazione” sostenuta soltanto grazie alla volontà ed al sacrificio personale delle colleghe ostetriche”, ha spiegato in più occasioni Eugenio Bellomo della Rsu aziendale, “avrebbe dovuto finalmente entrare a regime in vista della sua inaugurazione ufficiale. Peccato però”, ha sottolineato il rappresentante sindacale, “che il servizio, dipendente per la sua funzionalità dal Blocco parto, non abbia mai ricevuto la quota di personale adeguata per il suo funzionamento. E la disponibilità volontaria delle ostetriche si è tramutata in “obbligo””.
La conseguenza? Le ostetriche, all’inizio entusiaste e disponibili, si sarebbero sentite “derise e truffate” tanto da decidere di opporre il proprio rifiuto a proseguire in questo impegno. Nel frattempo, la Direzione della Asl RmD è stata “sollecitata fortemente ad un tavolo di confronto dalle organizzazioni sindacali, tra cui la Rsu. Risultato? L’Azienda avrebbe “tentato solo di tergiversare e prendere tempo, incapace di nessun’altra soluzione se non quella di scaricare sulle ostetriche il peso della tenuta del servizio e la responsabilità per la sua eventuale chiusura”.
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