Ostia, sabato 7 maggio presentazione del libro Maree al Teatro del Lido
Sull'orlo del mare tra tempeste di forze e canti soavi si sono incrociate alcune donne straordinarie protagoniste di esistenze complesse, di storie intrecciate, di rivoluzioni semplici, di rinascita. Sono storie di attrazioni e di sorellanza.
“Vogliamo condividere questa esperienza di lavoro collettivo con tutte le persone che desiderano affrontare i temi della realtà che ci circonda attraverso una poetica al femminile, unendo realtà diverse per età e condizioni differenti“ affermano le autrici. Da questa alchimia meravigliosa si sprigionano i versi sospesi nell’attimo, crudi, struggenti eppure audaci e consapevoli. Maree è il frutto di questa unione di e tra donne.
Susi Ciolella. Scrittrice, giornalista, vincitrice di numerosi premi di poesia, con Eretica Edizioni ha pubblicato “Le Parole Ribelli” e insieme a Claudio Caldarelli “Spoon River quindici Poesie”
Camilla Pasquetti, ha 22 anni, studia filosofia alla Sapienza, amando il cinema, sperimenta la scrittura anche nella sceneggiatura, ha seguito un corso di videomaking presso Officina Pasolini.
Tina Ragucci, originaria dell’Irpinia la famiglia si trasferisce prima nel napoletano dove vive la primissima infanzia poi a Roma. Vive ad Ostia, ha una lunga storia di impegno nel sociale.
Recensioni
Mi sono fatto tante domande tutte piuttosto inutili. Mi sono chiesto se questo testo avesse raggiunto con la distribuzione le librerie, se l'avessero presentato in qualche posto e altri quesiti idioti tipici di chi scrive o scrive di letteratura Mi sono vergognato di me stesso poi. Ho pensato che tutto sommato i libri non ce l'hanno fatta, che quasi 20 anni di lotta per il copyleft, di creative commons, di pdf trafugati, prestati, condivisi, non hanno scalfito le modalità in cui i libri, in quanto tali, andrebbero percepiti, l'azione spudorata dei singoli nei confronti della collettività. Ci ho messo qualche giorno e poi ci sono arrivato, avevo la possibilità di ricevere una scrittura in dono, così ho iniziato a leggere, ecco, a questo dovrebbe servire la scrittura, a permettere che altri leggano, a lasciare una memoria, un segno. Così mi sono imbattuto in tre donne, avevano seminato le loro parole tra righe di una storia consonante, e in forma di canto. Altrettante le presentano in questo piccolo libro, e sono stupite, uno stupore che ho trovato genuino. Ho sempre pensato alla poesia come a qualcosa di morto. Anche quello che ritenevo fosse uno degli ultimi poeti viventi mi era morto tra le braccia, passeggiavamo insieme sul pontile di Ostia, dove era solito cantare al sole e poi, il dì seguente non c'era più. Fa capolino ancora Nicolino Pompa, nella mia testa, mentre scrivo queste poche righe, mi sussurra beffardo a un orecchio come solo lui sapeva fare, mi chiede chi sarebbero queste tre donne. Sono maree, maree che avanzano e tornano indietro, maree che nutrono la sabbia per poi creparla al sole, maree nere, insaziabili, talvolta tristi, altre vitali. Dipende. Mi sono chiesto ancora se la poesia serva a qualcosa, se esista ancora, ho pensato che fosse un set di domande almeno più intelligenti di quelle iniziali. Mi sono chiesto se la base della musica, del canto e quindi, della poesia non risiedesse proprio in questa ayora, nell'andare avanti e indietro, nel simbolo dell'altalena e delle maree, un simbolo ciclico, di morte e di rinascita. Ho pensato nuovamente a Nicolino, gli avrei voluto confermare che la poesia non esiste, che è uno strazio da borghesi, che i poeti sono tutti morti, che pure lui è morto. Che però le donne esistono eccome, che sono qui su questo libro, si sono misurate con la forma dei versi, con la misura della fragilità della parola e del sentire interiore. Mi sono chiesto dove eravamo quando è accaduto tutto questo, da dove viene tanto ardore e tanto coraggio. E noi reclusi davanti uno schermo o dietro una mascherina, in quello che assomiglia vieppiù a un allevamento intensivo di umani.
Susi, Camilla, Tina: i sogni, la vita quotidiana e le fragilità di tre donne diverse per età, condizioni e geografia emotiva, un unico canto come occasione di riscatto: ogni donna ha in sé una marea, che la spinge a crescere, a lottare, a vivere. Sono donne, proprio come le protagoniste di questi canti, madri di tutti figli, progenitrici di vita e custodi della memoria.
Luca Moretti
Le domande di Luca non sono le mie che sono donna. Io lo so dove stavamo. Acquattate a pensare, a sentire, mentre fuori tutti urlavano. Mentre il lavoro ci ammazzava, i nostri uomini ci pestavano a morte, la società ci voleva piccole, cariche, mute e stanche. Noi stavamo lì. Lanciavamo qualche grido ogni tanto. L’abbiamo fatto, che non si dica che non l’abbiamo fatto. E poi abbiamo imparato che ogni tanto il grido lo potevamo far rimbombare dentro alle viscere e vedere se c’era un’eco, se usciva un’altra voce. Abbiamo imparato a goderci la pioggia, la sorellanza, il silenzio dei nostri passi sull’asfalto. La voce comunque c’era. È uscita. Il grido si è fatto parole. E poi è arrivata la smania di dire le parole, di metterle su carta. E quest’impulso è come il mare, non lo puoi fermare. Queste donne sono occhi che osservano, cuori che sentono e bocche che dicono; che hanno fretta. Di dire. Di dire in modo bello. Giacché in un mondo di sola forma vuota, quando c’è sostanza, anche la struttura che la contiene si fa significato. Io non posso parlare di poesia, che non è questo il mio lavoro. Scriviamo prosa, Luca e io. Ma sappiamo cogliere le parole. A queste abbiamo prestato le nostre esistenze. Le parole di queste tre poetesse, io ignorante, le comprendo. Ci posso arrivare. Parlano a me, di me. La struttura delle loro frasi, le immagini che si giustappongono richiamando pensieri, desideri, paesaggi sono dentro di me, ma io non le so dire così. Loro sì. Luca dice “ardore e coraggio”. Io dico urgenza. E aggiungo: da dove viene questa urgenza? Dal fatto che non si può più tacere il mondo del femminile. Non si può. E non si può più tacere qui, dove ogni giorno c’è un invito a cedere alla bruttezza, alla semplicità stupida, a una vita obbligata, “coatta”. Qui, alla foce del Tevere, su questo mare a volte feroce, questa terra continua a proteggere le parole, la letteratura, la poesia, così come fa con la sua essenza. E io questo lo capisco, giacché qui è dove ho scelto di abitare, qui è dove ho trovato la mia famiglia, altre sorelle non di sangue, fratelli che non sapevo di avere. Susi, Camilla, Tina. Grazie. Leggendo Maree ho pensato che Ostia può parlare soltanto in forma di poesia e con voce di donna. Il mare è maschio, ma la marea no.
Ilaria Beltramme
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