Ostia – Sull’importanza pedagogica che hanno i teatri a Ostia si esprime l’Associazione pedagogisti educatori italiani del municipio XIII.

 

“Vediamo spettacoli e attori, ma dietro di loro ci sono persone che vivono quel luogo e quello spazio investendo in esso le loro emozioni e i loro sentimenti. Se cronometrassimo il tempo di contatto tra spettatori e persone/attori aldilà della performance (prima e dopo) forse scopriremmo che tutto sommato si equivalgono e quindi non solo è importante l'opera ma l'incontro della gente attori e spettatori”, dichiara Stefano De Tomassi.

 

 “Quindi che il teatro viva le emozioni positive è importante perchè va ad amplificare e ad evidenziare i sentimenti. Oltre agli attori preoccupiamoci delle persone e che il teatro trasmetta un ambiente di serenità, di amicizia, di apertura, di gioco, di gioia, di umiltà, di autoironia: questi vissuti, oltre alle opere e ai personaggi, verranno trasmesse alla gente”.

 

 

“Se un teatro vivesse, sottopelle, emozioni non positive questo sarebbe un grosso errore poichè alla gente arriverebbe sottotraccia un moto violento, rabbioso, di confusione. Questo dobbiamo iniziarlo a capire: che i teatri hanno un'importanza pedagogica. A Ostia”, sottolinea De Tomassi, “siamo fortunati perché ci sono tantissime realtà positive e ambienti familiari e nello stesso tempo professionali”.

 

“Professionisti e persone non sono separabili in maniera schizofrenica: preoccupiamoci di essere strumenti calibrati e puliti a servizio dell'opera dell'autore ma ancor di più della gente che vuole crescere nella consapevolezza e nella coscienza, più o meno consapevolmente.

Ogni giorno ci passiamo davanti a questi teatri, stanno li e il più delle volte non li frequentiamo se non di rado e quando c’è qualcosa che ci interessa, oppure perché un amico ci invita a vedere una sua rappresentazione in scena”.

 

 

“La maggioranza della persone fa così perché non ha tempo o forse non ha il gusto e l’educazione culturale adatta. Però quando ci troviamo a vedere uno spettacolo messo in scena restiamo ammaliati da quei professionisti o amatori del palco che recitano una parte che va ben al di là della semplice rappresentazione. Ecco, il teatro quindi ci arricchisce”, nota,  “il più delle volte ci fa vivere uno psicodramma (nei casi più impegnativi) oppure ci distrae con un bella commedia che ci fa rivivere spaccati, a volte dimenticati, della vita quotidiana”.

 

 

Secondo l’Apei 13, inoltre, i teatri svolgono anche una funzione sociale di aggregazione e di diffusione di un messaggio che fa riflettere. In una società in cui l’importante è “andare di corsa”, concedersi un paio d’ore ogni tanto per delle attività culturali è un bene per il singolo e per la comunità che vi partecipa.

 

Da non dimenticare è anche la funzione dei teatri a luci spente, ovvero quando durante le ore mattutine e pomeridiane vengono adibiti a incontri, prove e riunioni delle associazioni culturali o dei professionisti di varia natura. È solo attività intellettuale – che di per se basterebbe già -? No, attorno al circuito dei teatri ci sono anche molte attività lavorative che vanno dal personale che ci lavora dentro, ai costumisti, ai registi, agli scenografi, truccatori, piccoli artigiani (che preparano in bottega questo e quel componente che manca alla rappresentazione teatrale) e imprese edili.

 

“Il teatro è nato per non far dimenticare, per trasmettere quindi un messaggio che nessun altro mezzo di comunicazione può rendere allo stesso modo, sia perché è un’azione volontaria e socializzante sia perché la rappresentazione in scena, dal vivo, è capace farci immedesimare con i personaggi e con la storia che ci raccontano. Un teatro in più sul territorio significa un’occasione in più per fare cultura, aggregare e far riflettere”, conclude De Tomassi.