Ostia – In programma nel prossimo fine settimana due visite molto interessanti nella Riserva naturale statale del litorale romano e l'ultimo giovedì del mese, 31 ottobre, l’escursione ad uno dei più importanti siti archeologici del territorio, la Necropoli di Porto. Sabato 26 ottobre, con appuntamento alle ore 10.30 in via Sestri Levante nei pressi della Torre di Maccarese, a Fregene nord, le guide del Wwf ci porteranno alla scoperta dell'Oasi alla Foce del Fiume Arrone. Costo: € 8, di cui  € 5  per ingresso (gratuito soci Wwf e bambini sotto i 6 anni; ridotto euro 3 per over 65 e ragazzi tra i 7 ed i 14 anni) ed € 3 per la visita guidata. Domenica 27 ottobre con appuntamento alle ore 9.50 nei pressi del sito su via di Cecanibbio, visita al sito paleontologico della Polledrara di Cecanibbio. Contributo € 5 per gli adulti, € 2 per gli under 18. Giovedì 31 ottobre con appuntamento alle ore 10.00 a via di Monta Spinoncia, traversa di Via Cima Cristallo, visiteremo la Necropoli di Porto. Contributo: € 7, gratuito under 18. Per  le  visite  è obbligatoria la prenotazione al n. 06 50917817 (lun.-merc.- ven. e sabato ore 9.30-12.30)  oppure ai cellulari: 347 8238652  o 327 4564966. Si può anche prenotare via mail sostituendo all'oggetto la parola "prenotazione" ed indicando nome, cognome, un recapito telefonico e la visita prescelta.  La prenotazione sarà valida al ricevimento della nostra conferma.

 

Sabato 26 ottobre 2013. Oasi WWF alla foce Arrone. Dalla macchia, alle dune e al mare. Appuntamento ore 10.30 Via Sestri Levante Nord - Torre di Maccarese – Fregene. La Torre è a vista con quella di Palidoro e con il Castello di Maccarese, era presidio militare a difesa dalle incursioni dei saraceni. Il fiume Arrone è emissario del lago di Bracciano. Dopo un percorso di 37 km sfocia in mare facendo da confine tra le località di Fregene e Maccarese nel comune di Fiumicino. La foce dell'Arrone conserva ancora un certo grado di naturalità; pertanto cambia aspetto a seconda delle mareggiate e delle piene, presentando una morfologia costiera sempre nuova; generalmente il corso del fiume tende a creare un ansa di foce rivolta verso Nord, più o meno estesa. Le acque intorno alla foce sono assai pescose proprio perchè arricchite dalle sostanze nutrienti che porta il fiume. Permangono alcune dune, caratterizzate dalla loro tipica vegetazione. Procedendo dal mare verso l'interno si sviluppa macchia mediterranea bassa, a ridosso delle dune sabbiose, e macchia alta, all'interno. Un tipo particolare di foresta, sopravvissuta in quest'area, sono i boschi igrofili, che un tempo dominavano questi territori coperti di paludi. Sono aree depresse che si inondano durante i periodi di massima piovosità (primavera ed autunno). Formano le cosiddette "piscine", caratterizzate da frassino meridionale, ontano, pioppi e farnia. Le bonifiche di questo secolo hanno purtroppo decretato la quasi scomparsa di questo tipo di boschi. 

 

Domenica 27 ottobre 2013. La Polledrara di Cecanibbio. Sito paleontologico di fama internazionale al confine con la Riserva. Appuntamento ore 9.50 presso il sito su via del Cecanibbio - prenotazione entro sabato ore 12.30. Contributo: € 5, solo € 2 per gli under 18. Un salto nel passato, fino a 300 mila anni fa, tra l'elefante antico, antenato del mammut, il bue primigenio, il lupo e gli altri grandi mammiferi dell'epoca. Le enormi zanne dei grandi elefanti, i loro scheletri, le corna dei buoi o dei cervi sono alcuni dei reperti perfettamente conservati nel giacimento della Polledrara di Cecanibbio, a Castel di Guido. Il sito archeologico risale al Pleistocene ed è il più ricco d' Europa quanto a resti di elefante antico e l'unico in Italia ad avere tracce dei bufali di 300 mila anni fa. Gli scavi sono iniziati nel 1985, ma già alcuni reperti erano venuti alla luce e danneggiati dagli aratri dei contadini. In quel luogo 300 mila anni fa scorreva un piccolo corso dï'acqua. Sul fondo dell'alveo si sono accumulate nel corso di 2 o 3 mila anni, le ossa di animali morti sulle rive del torrente e poi arrivati in quel punto con le correnti. Il fiume si è poi trasformato in una palude a causa dei detriti di origine vulcanica. In quella fase gli animali che arrivavano nell'alveo rimanevano imprigionati e lì morivano. Mentre le ossa depositate nel fiume vengono smussate o spezzate, quelle depositate nell'alveo sono perfettamente conservate. Grazie al fluoro si sono fossilizzate e sono state ricoperte da uno strato di grafite e di terra. Accanto allo scheletro di un lupo intrappolato dentro il corpo di un elefante e di numerosi resti di uccelli acquatici sono stati ritrovati reperti di Homo Erectus, manufatti calcareo silicei portati sul fiume dall'uomo che probabilmente veniva in questa zona per nutrirsi degli animali morti. 

 

Giovedì   31 ottobre 2013. Necropoli di Porto e S. Ippolito. Appuntamento: ore 10.00 ingresso Necropoli, via di Monte Spinoncia, 52 (traversa Via Cima Cristallo). Contributo: € 7, gratuita under 18. La zona compresa tra i rami naturale ed artificiale del Tevere è detta "isola sacra" poiché pare sia stata meta fin dall'età romana di pellegrinaggi verso il celebre tempio di Castore e Polluce. L'area costituisce la parte del territorio attraverso il quale avvenivano i collegamenti tra le città romane di Ostia e di Portus. Testimonianza di ciò sono la necropoli di Porto e il breve tratto di via Flavia - Severiana, il solo conservatosi, nel centro della necropoli. A poche centinaia di metri si trova la basilica di Sant'Ippolito risalente alla fine del IV secolo d. C., testimonianza di un cospicuo nucleo di insediamento paleocristiano nella zona. Accanto ai ruderi dell'antica basilica si trova la torre campanaria del XII secolo, restaurata nel 1579. I cittadini di Porto potevano arrivare alla basilica attraversando un ponte sulla "fossa traianea", attuale canale di Fiumicino. La Basilica di Sant'Ippolito è stata riportata alla luce negli anni ’70 in scavi condotti in collaborazione con l’Istituto di Archeologia Cristiana dell’Università di Roma “La Sapienza” . Fu costruita tra la fine del IV e gli inizi del V sec. in un’area già intensamente edificata in età traianea, con strutture riferibili ad un impianto termale. La più antica testimonianza dell’esistenza di un luogo di culto dedicato al martire Ippolito, risale alla fine del IV sec. d.c.. Si tratta di un’iscrizione frammentaria che ricorda la costruzione di una Basilica dedicata al martire da parte del vescovo Eraclida. Questa primitiva costruzione aveva un’unica navata orientata nord-sud. Su di essa alla fine del IV- inizi del V sec. d.c. si impiantò, conservandone l’orientamento, la basilica i cui resti sono oggi visibili: lunga 37 mt. e larga 18 mt., era suddivisa in tre navate da due file di 11 colonne, di cui rimangono le basi. Il luogo di culto ebbe importanza anche nell’Alto Medioevo, periodo al quale risalgono numerosi frammenti di arredi marmorei. Il campanile romanico documenta la continuità di culto fino al XII-XIII sec.; in epoca rinascimentale la chiesa risulta in abbandono e già nel XVII sec. sopravviveva il solo campanile, trasformato in torre d’avvistamento. Nel corso della visita potremo anche vedere l’Antiquarium, ospitato nei locali del “Conventino” settecentesco, dove sono raccolti i materiali provenienti dagli scavi, tra cui il ciborio, uno dei rarissimi esempi di età carolingia di cui si conservano tutti gli elementi strutturali. CEA Riserva Litorale Romano, via del Martin pescatore 66 -  00124 Roma Castelfusano. Apertura ufficio: lunedì, mercoledì, venerdì, sabato ore 9.30-12.30  06 50917817. Cell. 347 8238652  e  3274564966.