Pacco bomba a Ostia: un attentato “stile racket”? Un avvertimento?
I Verdi lanciano l’allarme criminalità sugli impianti balneari dove si concentrerebbero gli appetiti delle organizzazioni malavitose. Bonelli fa un elenco degli ultimi episodi “oscuri”
Ostia – Cosa c’è dietro il pacco bomba lasciato oggi allo stabilimento Il capanno? Un avvertimento delle organizzazioni criminali? Non ha dubbi Angelo Bonelli, presidente nazionali dei Verdi.
“Ad Ostia, e non solo ad Ostia, gli stabilimenti balneari sono sottoposti alle attenzioni e alle infiltrazioni delle organizzazioni criminali che hanno fiutato un grosso affare ed hanno la liquidità per impossessarsi delle spiagge”, spiega Bonelli: “avere in gestione una spiaggia non solo consente di fare alti profitti con canoni irrisori (il canone di uno stabilimento balneare di 8000 metri che rende milioni di euro costa un canone di 1,20 euro a metro quadro. Circa 10 mila euro annui: ossia 800 euro al mese) ma anche di fare il riciclaggio dei proventi delle attività criminali”.
“Già nel 2005 nello stabilimento dove oggi è stato trovato l'ordigno il ristorante è stato distrutto da un incendio. Nel luglio del 2007 fu necessario un sit-in di fronte la spiaggia gestita dalla cooperativa Social beach per attirare l'attenzione sul fenomeno criminale legato alla gestione della spiaggia: quella spiaggia era stata strappata alla criminalità organizzata. Chi l'aveva in gestione fu oggetto di violenze e intimidazioni con la scarcerazione di presunti affiliati alla banda della Magliana: in sintesi la malavita rivoleva indietro ciò che riteneva suo”, sottolinea il leader ambientalista. “Sempre ad Ostia la Procura di Roma, dopo alcune operazioni fra cui quella Anco Marzio, sottopose a sequestro uno stabilimento, il Village, finito nelle mani di una persona arrestata e definita dai carabinieri come terminale di interessi criminali”.
“L'elenco degli attentati in stile racket agli stabilimenti balneari è impressionante”, ricorda Angelo Bonelli: “il 1 gennaio del 2007 l’ incendio allo stabilimento Med. Il 18 marzo del 2009 quello alla Buca Beach e nel 22 novembre dello stesso rogo al chiosco Punta ovest. E il 19 luglio 2010 cento ombrelloni e sdraio vanno a fuoco sempre a Punta Ovest. Si prosegue poi il 14 maggio 2010 con l’incendio della veranda del Caffè Salerno, mentre il 3 gennaio 2011 sono incendiati 3 canotti dello stabilimento Anima e Core. Infine”, conclude, “l’11 aprile 2011 ancora un incendio chiosco Blanco". La struttura è ancora lì, a lungomare davanti a piazza Gasparri, nera e scheletrica. C’è poi stato il 12 marzo scorso il rogo al chiosco Free beach e ai suoi sette capannoni. Danni per 200mila euro anche se la titolare ha affermato di non aver mai ricevuto minacce o altro. Possibili diverse cause.
“Non spetta a noi dare suggerimenti alla magistratura e alle forze dell'ordine che stanno svolgendo un grande lavoro ma è necessaria la massima attenzione nei confronti di un fenomeno che si sta dimostrando davvero preoccupante”, conclude Bonelli. “Ad Ostia l'85% delle spiagge è privatizzato e si continua privatizzare anche il residuo di spiaggia libera: L'ultimo caso? La spiaggia adiacente alla tenuta del presidente della Repubblica, data in gestione con una semplice determina dirigenziale senza che fosse fatta nessuna gara”.
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