Non ci sono eroi che sopravvivono alla vita di borgata. Claudio Caligari sembra conoscere bene questa verità, quando racconta l'amicizia di Cesare e Vittorio, ragazzi di vita cresciuti tra furti, spaccio e piccole truffe nella Ostia di metà anni 90.
"Non Essere Cattivo" il film postumo di Caligari, morto il 26 Maggio 2015, prodotto dal suo amico Valerio Mastrandrea, è stato scelto per rappresentare l'Italia agli Oscar nella selezione per il miglior film in lingua straniera. I nomi dei protagonisti del film, Cesare e Vittorio, sono gli stessi nomi dei protagonisti di "Amore Tossico" del 1983 (regia sempre di Caligari) e di "Accattone" del 1961 (regia di Pier Paolo Pasolini), come a voler segnalare la continuità nel percorso post-pasoliniano del regista.
In comune ci sono le storie di sopravvivenza che tormentano il sottoproletariato romano, dove la lotta per "svoltare" a fine giornata nella borgata, portano necessariamente ad essere in qualche modo cattivi.
Ostia è soltanto lo sfondo di una storia che appartiene a molte periferie d'Italia (se non del mondo) e sarebbe sbagliato non cogliere l'universalità del messaggio lanciato. Dire che questo film rovina l'immagine del litorale, significa in primis non aver compreso l'amore di Caligari per Ostia e per la sua gente, in seconda battuta significa non aver colto il grido di speranza presente lungo tutta la pellicola (il finale che ovviamente non vi racconto è in questo emblematico). Affascinanti le sequenze di vita notturna, dove il montaggio frenetico e le carrellate eleganti accompagnano l'assunzione di droghe sintetiche e le risse da bar.
Il fallimento del lavoro come ascensore sociale che in borgata si trasforma in una prigionia statica, dove l'evasione è il ritorno all'illegalità più remunerativa. Una danza ossessiva dove amore e amicizia si perdono e si riconquistano pagandone il prezzo in dolore e sofferenza. Si racconta un mondo difficile con sottile ironia e senza esaltare o mitizzare droghe e attività criminali. Un racconto amorale di vita, nudo e crudo.
Claudio Caligari è un regista autentico, appassionato dallo stile di Martin Scorsese. Un maestro incompreso e abbandonato dall'industria cinematografica italiana. Nello scorrere della pellicola si prende lentamente coscienza della potenza narrativa, una forza che stride con la semplicità efficace delle immagini. Il cuore va in frantumi in un paio di occasioni e umanizza i personaggi creando empatia. Non ci sono eroi ma solo vite che scorrono inesorabili.
Un film che non abbiamo paura a definire "da Oscar", se non altro per concedere a Caligari il posto speciale che merita tra le stelle maledette di un cinema non sempre all'altezza della vita. E se non dovesse vincere, come probabile che sia, sarà ugualmente un film che non verrà dimenticato, come lo stesso "Amore Tossico", diventato un cult grazie al passaparola. L'unico dispiacere è il fatto di aver perso troppo presto uno degli autori più interessanti del nostro cinema.