Psichiatria umanizzata al Grassi: al via ‘Porte aperte’. Cobas: “Manca il personale”
Ostia – Combattere la malattia psichiatrica creando un clima di amicizia, socializzando. Da lunedì 28 settembre nel reparto di psichiatria dell’ospedale Grassi di Ostia è partita una sperimentazione, in favore dei pazienti, grazie alla quale, secondo quanto dichiara la Asl RmD, “sorseggiando insieme un the sarà più facile costruire un migliore rapporto per la condivisione di un percorso di cura e per facilitare un’atmosfera comunitaria e di gruppo”.
Tutti i giorni, durante l’orario di visita dei familiari, nel pomeriggio, sarà allestito un piccolo rinfresco nell’atrio del reparto per realizzare un’occasione di incontro più ‘rilassata’ tra tutto il personale, i parenti ed i degenti. “Questo incontro darà inizio al progetto ‘Porte aperte’ che sarà gradualmente esteso dapprima a tutti gli orari di visita e successivamente all’intera giornata”, informa un avviso affisso sul muro. “Il primo giorno”, come hanno riferito alcuni familiari dei degenti a Ostia Tv, “è andato tutto bene. Ed anche ieri”. Né vi è alcuna ragione per dubitare che anche oggi si sia svolto tutto serenamente, con la massima disponibilità non solo dei parenti ma in particolare dei medici e degli infermieri a collaborare per la riuscita di questa ‘sperimentazione’, propedeutica al progetto che, a quanto riferiscono, sarebbe stato voluto dallo stesso direttore generale, dottor Vincenzo Panella, che lo avrebbe realizzato, con successo, a Terni.
Nonostante il favore e l’accordo di tutti per una psichiatria nuova, vissuta in maniera ‘diversa’, umana e non alienante, come segnalano i Cobas Asl RmD, resta però la difficoltà di attuare questo progetto in quanto l’Azienda sanitaria, oltre ad aver aumentato i posti letto da 13 a 16, ma sempre con lo stesso personale - 16 infermieri, 2 oss, 1 caposala, 9 medici, 1 infermiere assegnato al Dh, 1 psicologa – con ‘Porte aperte’ non farebbe che aumentare “la mole di lavoro e di responsabilità per il personale”. Insomma, il progetto è considerato ‘bellissimo’ ma, afferma la sigla, “senza personale e senza spazi è solo un aumento di responsabilità e rimane il problema della sicurezza”.
L’unica implementazione del personale, come deciso dal direttore Dsm, riguarderebbe, al momento, a partire da domani, ottobre, l’arrivo di un medico, proveniente dal Spdc (Servizio psichiatrico diagnosi e cura) San Camillo, che coprirà un turno di 38 ore settimanali. “Per il personale infermieristico verrà valutata la situazione attuale che presenta discrepanze tra i ruoli e non nel computo delle unità complessive”, afferma la Asl RmD nello stesso avviso.
I Cobas continuano intanto a sottolineare che “in merito alla richiesta dei lavoratori dell’Spdc di rendere sicura ed umanizzata la loro offerta assistenziale nonostante la grave carenza organica e l’inadeguatezza degli spazi denunciata da anni dal nostro sindacato, richiamiamo l’attenzione di tutti i referenti assistenziali e degli organi di informazione sulla situazione sempre più a rischio di questo servizio anche in merito all’aumento di 3 posti letto avvenuto in questi giorni su disposizione della Regione Lazio e della direzione aziendale”. “La carenza di organico sia medico sia infermieristico mette a serio rischio l’offerta assistenziale riattivando in queste strutture i manicomi chiusi nel 1978 dopo lunghe e profonde trasformazioni nel rapporto sia professionale sia sociale con la follia”, prosegue la sigla: “Infatti non garantire tutti gli strumenti per riattivare una ripresa di vita vuol dire abbandonare nella totale solitudine e in una incondizionata sofferenza questi pazienti che hanno diritto ad una cura umanizzata e a progetti terapeutici individualizzati per riattivare il sé annientato dalle loro gravi patologie psichiatriche”. Chiediamo e pretendiamo coerenza”, concludono i Cobas, “rifiutando di trasformare il diritto a una cura umanizzata ed efficace in una immagine virtuale vuota e falsa, che offre al massimo un posto letto senza il personale d’assistenza, ignorando profondamente i bisogni reali di salute sia individuali sia collettivi e non concretizzando gli strumenti necessari per garantire salute mentale a livello di prevenzione, cura e riabilitazione”.
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