RINVENUTA A TARQUINIA LA PIÙ ANTICA TOMBA DIPINTA NELLA NECROPOLI DEI LUCUMONI ETRUSCHI
Il ritrovamento è avvenuto durante la terza campagna di scavo dell’Università degli Studi di Torino e della soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Etruria Meridionale in un settore principesco della necropoli di Tarquinia. Scoperta l’anticamera di una maestosa tomba a tumulo con i resti di un raro intonaco del VII secolo a.C. decorato con quelle che al momento possono definirsi le più antiche pitture etrusche di Tarquinia.Eccezionale scoperta durante la campagna di scavi avviata dall’Università degli Studi di Torino e dalla Soprintendenza per i Beni Archeologici dell'Etruria meridionale, coordinata da Alessandro Mandolesi, nell’area della Doganaccia, situata nel cuore della necropoli etrusca di Tarquinia, dove furono probabilmente deposti re e principi del VII secolo a.C. Le ricerche hanno portato alla luce un imponente accesso con larga gradinata a cielo aperto relativo al più grande tumulo funerario di Tarquinia di età orientalizzante, detto “della Regina” (dei decenni centrali del VII sec. a.C.), che, con quello “del Re”, costituisce una maestosa coppia di sepolcri che caratterizza la necropoli etrusca. Attraverso questo ingresso gli archeologi sono arrivati alla tomba di un personaggio di spicco della comunità etrusca, di rango probabilmente reale. Il locale è in gran parte rivestito di un consistente intonaco bianco in gesso alabastrino (il particolare nella foto), secondo una modalità nota nel Vicino-Oriente (Cipro, Egitto, area siro-palestinese). Si tratta di un raro esempio di rivestimento murario, finora sconosciuto in Etruria, presumibilmente realizzato da maestranze specializzate provenienti dal Levante mediterraneo; come il gemello tumulo “del Re”, anche quello “della Regina” si ispira infatti a una tipologia di tombe reali “omeriche” note a Cipro (in particolare a Salamina, nell’area sud-orientale dell’isola): è quindi probabile che all'origine di questo modello di tomba a tumulo ci siano proprio architetti e maestranze del Mediterraneo orientale arrivati a Tarquinia all’inizio del VII secolo a.C. L’intonaco ha restituito tracce di pitture costituite da una fascia orizzontale di colore rosso che doveva svilupparsi su tutti i lati dell’ingresso, sopra la quale si individua, al momento, una raffigurazione di incerta lettura; come nelle più antiche esperienze pittoriche etrusche, potrebbe forse trattarsi di un animale (campito in nero con contorni in rosso) con evidente significato religioso, allusivo al mondo ultraterreno. I labili dipinti sono ottenuti secondo la più antica tecnica pittorica (assimilabile alla tempera) ricordata dalla storiografia artistica (in particolare da Plinio il Vecchio), “inventata” in Grecia da valenti maestri fra l’VIII e il VII secolo a.C. L’affresco riconduce ai primordi della pittura monumentale etrusca. Se il prosieguo degli scavi confermerà la datazione dei decori, si tratterebbe della più antica manifestazione di pittura funeraria tarquiniese, realizzata peraltro in un ambiente aperto che precede la camera funeraria, e quindi accessibile e destinato alle cerimonie sacre. La nuova testimonianza rialzerebbe così di qualche decennio le prime esperienze pittoriche del centro etrusco (fino ad oggi rappresentate dalle raffigurazioni della Tomba delle Pantere), noto nel mondo proprio per le sue tombe dipinte, e per queste riconosciuto dall’Unesco patrimonio culturale dell’Umanità. I recenti risultati archeologici si aggiungono all’altra importante scoperta avvenuta lo scorso anno, costituita dalla più antica tomba etrusca a due camere affiancate (cosiddetta Tomba Gemina), destinata ad accogliere le spoglie di due nobili personaggi, morti forse contemporaneamente per un tragico evento, personaggi imparentati con il principe (o il re) sepolto nell’adiacente grande tumulo. Queste importanti ricerche, sostenute dagli assessorati alla Cultura della Regione Lazio e del Comune di Tarquinia, con il contributo della Compagnia di San Paolo e del Gruppo Fondiaria-Sai, e la partecipazione dell’associazione di volontariato “Fontana Antica”, si inseriscono all’interno del progetto “Via dei Principi”, destinato alla valorizzazione turistico-culturale dei tumuli monumentali della necropoli tarquiniese. Un itinerario di straordinario interesse che aggiungerà alle tombe dipinte la conoscenza dei tumuli principeschi, monumenti ora accessibili nell’ambito del sito archeologico. La Doganaccia, necropoli dei “Lucumoni” etruschi Nell’antichissimo sepolcreto della Doganaccia di Tarquinia furono deposti re e principi etruschi del VII secolo a.C., da mettere forse in relazione con gli antenati del primo re etrusco di Roma Tarquinio Prisco. Gli scavi archeologici svolti in un settore inesplorato della vasta necropoli etrusca di Tarquinia hanno portato alla scoperta di un sepolcreto antichissimo, risalente al VII secolo a.C. L’area della Doganaccia è caratterizzata dalla presenza di due grandiosi tumuli del periodo orientalizzante (VII secolo a.C.) denominati “del Re” e “della Regina”. Il primo dei due monumenti principeschi, situati in posizione dominante in corrispondenza di uno dei più antichi e suggestivi ingressi alla necropoli tarquiniese, fu esplorato nel lontano 1928 e, malgrado un antico saccheggio, restituì interessanti materiali, fra cui un’iscrizione che cita il nome di un greco: Hipucrates. Le fonti antiche citano la presenza a Tarquinia, nel VII secolo a.C., di altri importanti personaggi stranieri pienamente inseriti nel tessuto sociale; fra questi è noto il ricco mercante greco Demarato di Corinto che, trasferitosi a Tarquinia proprio intorno alla metà del VII secolo a.C. e sposatosi con una nobildonna locale, era ritenuto il padre del re di Roma Tarquinio Prisco. Le ricerche – concentrate sul secondo grande tumulo della Doganaccia, detto “della Regina” e mai indagato – hanno permesso di mettere in luce un’imponente struttura architettonica del diametro di circa 40 metri, pertinente a un personaggio di spicco all’interno della comunità tarquiniese, di rango aristocratico e di ruolo probabilmente regale, vicino alla figura dei re etruschi, definiti dalle fonti antiche “lucumoni”. Questo sepolcro si è rivelato come la più grande struttura a tumulo di Tarquinia finora nota. La monumentale tomba conserva nella parte anteriore un largo accesso, un vero e proprio "piazzaletto" a cielo aperto utilizzato per le celebrazioni e gli spettacoli in omaggio al nobile defunto. Il tumulo "della Regina" si ispira a una tipologia di tombe reali dell’VIII-VII secolo a.C. che si ritrova soltanto in un altro ambito del Mediterraneo: nella Cipro di cultura omerica (governata da greci che adottano usi e costumi eroici analoghi a quelli narrati da Omero). In particolare, nella necropoli regale di Salamina, sito archeologico dell'area sud-orientale dell'isola, sono presenti tombe con ricchissimi corredi funebri confrontabili direttamente con quelle di Tarquinia, accostabili sia per le grandi dimensioni dell'ingresso che per il tumulo. E’ molto probabile che all'origine di questo modello introdotto in Italia centrale ci siano proprio architetti di formazione orientale sbarcati a Tarquinia circa 2700 anni fa, che qui avrebbero introdotto innovativi modelli architettonici. Venerdì 6 agosto (ore 18,30) è prevista una visita guidata agli scavi archeologici della Doganaccia, organizzata dal Comune di Tarquinia e dall’Università degli Studi di Torino.