Roma - 30 anni di reclusione con l'accusa di omicidio volontario aggravato dal vincolo di parentela. E' questa la decisione presa dal gup Adele Rando per l'imputato Patrizio Franceschelli, l'uomo che lo scorso 4 febbraio gettò il corpo del piccolo Claudio, di 16 mesi, nel Tevere, dopo averlo prelevato con la forza dalla casa della suocera.


La decisione è stata accolta con plauso dai famigliari, specie dalla mamma del piccolo che attraverso i suoi legali ha dichiarato: "E' una grande vittoria". 


La tragedia risale allo scorso 4 febbraio.  Franceschelli si era presentato in casa della suocera, alla quale l'ex convivente aveva momentaneamente affidato il bambino raccomandandosi di tenerlo lontano dal padre. La raccomandazione, però, non è bastata. E neppure il tentativo della donna di opporre resistenza. Anche la zia, che temendo il peggio aveva seguito il cognato, ha potuto solo assistere impotente al dramma.


Poi l'atroce a vendetta nei confronti dell'ex compagna che lo aveva lasciato, a Ponte Mazzini, davanti al carcere di Regina Coeli: all'improvviso l'uomo ha buttato il bambino nelle acque gelide del Tevere. Una ventina di minuti dopo Franceschelli era stato bloccato dai carabinieri e aveva ammesso di aver gettato il figlio nel fiume.


Il corpicino del bambino riaffiorò soltanto il 29 marzo, a Fiumicino, all'altezza del Circolo 3 nodi, dopo essere stato avvistato da due giovani che tornavo da una battuta di pesca e che videro riaffiorare dalle acque il corpo del bambino.