“Sono gay: nessuno mi capisce” Si lancia nel vuoto e muore
Roma - Sono gay: nessuno mi capisce. Tutti mi prendono in giro. Non so come farlo accettare alla mia famiglia, scusatemi. Sarebbe racchiusa in queste poche parole, scritte su un biglietto e su una pennetta, tutta la disperazione e la sofferenza di un ragazzino di 14 anni che nella notte tra giovedì 8 e venerdì 9 agosto s’è buttato dalla terrazza condominiale del palazzo in cui viveva con i genitori a San Basilio, alla Torraccia, nella periferia est della Capitale. La tragedia intorno alle due della notte, a due passi dal grande raccordo anulare, quando un giovane che stava rincasando ha scorto il corpo del teen ager sull’asfalto. Inutili, purtroppo, i tentativi dei sanitari del 118 di rianimarlo: per lui non c’era più nulla da fare.
Non è accaduto a Ostia ma in un quartiere della Capitale. Anche se al Lido è ancora vivo il ricordo dell’aggressione omofoba subita nell’ottobre di quattro anni fa alla stazione di Lido nord da un giovane giornalista free lance ‘colpevole’, forse, di indossare abiti troppo originali. Il ragazzo, che era stato a Roma per un concerto, fu picchiato senza alcuna ragione poco dopo essere arrivato a Ostia.
Tornando al dramma dell’altra notte, sul posto, le volanti del commissariato San Basilio. I genitori poco dopo hanno ritrovato il foglio sul quale il giovanissimo, scusandosi, esprimeva tutto il proprio disagio per quelle che sembra fossero continue prese in giro, derisioni, emarginazioni da parte di sedicenti ‘amici’. Sembra anche che alcuni di loro lo avessero allontanato dalla comitiva. E che lui proprio non ce la facesse più a sopportare prepotenze e umiliazioni. Il papà e la mamma sono arrivati troppo tardi, a dramma consumato. Al medico legale, giunto poco dopo, non è restato altro da fare se non constatare il decesso. La Procura ha disposto un’inchiesta contro ignoti: non è escluso che si possa procedere per il reato di istigazione al suicidio. Gli accertamenti sono affidati al procuratore aggiunto Pierfilippo Laviani e al sostituto Simona Marazza. Gli investigatori sono al lavoro per ricostruire l’esatta dinamica dell’accaduto. Stanno ascoltando i familiari, gli amici, i compagni di scuola di Roberto, analizzando le ultime telefonate, gli sms: probabilmente esamineranno il suo computer in cerca di elementi.
Non è questo un caso isolato, purtroppo. Il 29 maggio scorso uno studente di origini rumene dell’istituto tecnico nautico Marcantonio Colonna di via Pincherle, al quartiere Esposizione, stanco delle vessazioni e prese in giro, in rotta con il padre che non accettava la sua omosessualità, si era buttato dall’ultimo piano della scuola durante l’ora della ricreazione. Fortunatamente, ad attutire l’impatto, una minicar: se l’era cavato con una serie di fratture alle gambe. Ma, benché salvo, il percorso che l’aspettava non è stato facile. Il ragazzo aveva espresso su facebook la volontà di farla finita, esasperato per le pressioni e le continue violenze psicologiche di cui era vittima. A novembre, invece, un’altra morte. Andrea, brillante studente 16enne del liceo Cavour, si impiccò con una sciarpa perché amava il colore rosa. Il ‘ragazzo dai pantaloni rosa’ si tolse la vita in casa dei nonni. In quel caso, la Procura avviò un’indagine benché senza ipotesi di reato.
A far sentire la propria voce, poco dopo il ‘caso del nautico’, David, un giovane studente omosessuale che aveva lanciato l’allarme inviando una lettera per farsi ascoltare e chiedendo l’intervento delle istituzioni: “Questa lettera è la mia ultima alternativa al suicidio in una società troglodita. Chiedo solo di esistere”, aveva scritto.
Non sono mancate le dichiarazioni degli esponenti della società civile e della politica che hanno condannato duramente l’accaduto.
“Durante il dibattito alla Camera sulla legge scontro l'omofobia ci sono stati esponenti politici che hanno espresso perplessità sulla priorità della discussione. Li invito oggi a porsi la stessa domanda. Il ragazzo gay che si é suicidato a Roma é l'ennesima vittima dell'omofobia. Omofobia non é solo violenza manifesta ed espressa: omofobia é anche derisione pubblica, non accoglienza, paura di confessare il proprio segreto. La legge é il primo passo. Deve essere però supportata da tutta una serie di interventi improcrastinabili per aiutare le famiglie a riconoscere i propri figli, a comprenderli e ad accoglierli. Stesso discorso vale per la scuola e per la società nella sua interezza. Spero che il dolore della città apra una riflessione autentica nella politica, affinché a settembre la legge contro l'omofobia sia davvero il primo passo per costruire un percorso di piena inclusione e accoglienza di ogni identità”. Lo dichiara in una nota la deputata Sel Ileana Piazzoni.
“Sono addolorata per l'ennesima vittima dell'omofobia politica, sociale, culturale italiana. Nella battaglia culturale in corso in questo Paese dobbiamo tutti assumerci la responsabilità del nostro linguaggio. Ogni parola deve essere soppesata e meditata, perché rischia di creare una vittima. Nella mia esperienza di formazione alla diversità nelle scuole ho avuto modo di appurare quanto il dibattito politico si amplifichi e trovi eco devastante nella fragilità degli adolescenti. Auspico quindi che a settembre questo stesso dibattito -quello nazionale sulla legge contro l'omofobia e quello sul registro delle unioni civili a Roma - sia pregno di senso di responsabilità verso i ragazzi e le loro famiglie, affinché si abbassino i toni delle parole per elevare il livello dei diritti civili, perché nessuno si senta escluso, per ricostruire sull'accoglienza e l'inclusione l'insieme delle politiche familiari, sociali, culturali necessarie a rafforzare e arricchire il tessuto umano della nostra comunità”, afferma Imma Battaglia, consigliera comunale Sel.
"Un altro drammatico caso di omofobia che ha come protagonisti i giovani e che ha portato al suicidio di un ragazzo di 14 anni a Roma. Alla sua famiglia e ai suoi cari esprimiamo la vicinanza dell'amministrazione regionale del Lazio. Non è la prima volta che avviene un episodio come questo e bisogna essere chiari: una comunità non può dirsi civile quando emargina e discrimina le persone lesbiche, gay e trans. Come Regione siamo e saremo, con ancora più forza, in campo con iniziative che coinvolgano i giovani e le loro famiglie in campagne contro l'omofobia, consapevoli che la discriminazione si combatte a partire dai più giovani come questa storia dolorosa ci insegna. Saremo nelle scuole del Lazio per non lasciare nessuno solo e per cancellare quella cultura spesso strisciante e silenziosa dell'omofobia che troppe sofferenze e tragedie provoca in migliaia di adolescenti". Lo dichiara in una nota il vicepresidente della Regione Lazio, Massimiliano Smeriglio.
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