Sottrazione di minori: Italia Garantista sul caso del prof. Giulio Bigotti
La storia drammatica che coinvolge la figlia del prof. Giulio Bigotti, è stata scoperta ed esposta durante il Convegno: Sottrazione coatta dei minori alle famiglie,creando numerosi riscontri e altrettanti sostegni. Giulio Bigotti, quando ancora era un ricercatore, è stato attore di un assoluto atto di umanità, prima ancora che di professionalità, denunciando diagnosi errate del suo allora Caporeparto e dimostrando come il codice deontologico debba essere seguito, anche quando si rischia che la propria carriera venga stroncata sul nascere. A causa anche di questo episodio, e delle ripercussioni che ha avuto sulla vita di coppia, la moglie (medico n.d.r.) ha deciso nel 2010 di separarsi, accusando il marito di aver distrutto la propriaprofessione. La loro figlia, dopo la separazione giudiziaria avvenuta nel 2011, è stata affidata congiuntamente ad entrambi i genitori, ed è stata disposta una collocazione prevalente presso la madre, con una libera frequentazione padre/figlia. La signora però, dopo il distacco con il marito, ha voluto far affiancare la ragazza dagli assistenti sociali. Nel corso dei mesi M.T. ha iniziato a sviluppare problemi di insonnia ed è stata quindi portata nel Policlinico Gemelli, per essere visitata da uno psichiatra, il quale non ha riscontrato nessuna patologia, ma ha ritenuto necessaria la sola prescrizione delle gocce di Minias, per indurla al sonno. Nel corso dei giorni, la madre, nonostante le rassicurazione del medico,ha continuato a vedere la propria figlia in un perenne stato ansioso, tant’è che una sera ha deciso di ricoverarla in ospedale. Gli assistenti sociali, che seguivano la giovane, chiamati-allarmati dalla donna e arrivati in loco hanno decisodi emettere, contro la ragazza, una sentenza definitiva: tentato suicidio. Immediatamente, attraverso un’ordinanza del Tribunale dei minori la giovane è stata ricoverata, dapprima in un ospedale psichiatrico e successivamente spostata in una comunità. Rinchiudere in una struttura psichiatrica, una brillante ragazza, la quale, prima di quella sciagurata notte era piena di vitalità, frequentava una prestigiosa scuola inglese e viveva la propria vita circondata da amicizie ed affetti, significa destabilizzare un’intera vita. Portare una mente sana a contatto con persone deviate, tossiche ed insane mentalmente, farle assumere psicofarmaci, legarla ad un letto ed impedirle di vedere il padre, se non una volta ogni quindici giorni, significa far spegnere in ogni angolo del suo cervello la propria vigoria. Farle seguireuna terapia assolutamente non indicata (il tutto è documentato) per la diagnosi tracciata dagli assistenti sociali, senza ascoltare nemmeno per una volta le parole della giovane, la quale ha cercato di mettersi in contatto con il Giudice, è un tentativo perverso di creare patologiedegeneranti rispetto quelle già fantomaticamente tracciate. E quale dovrebbe essere la reazione di un padre davanti tutto questo? La reazione di un uomo che ha studiato anni interi per diventare medico, per curare sconosciuti che transitano davanti ai propri occhiquotidianamente e che poi è impotente, davanti alle parole della propria figlia: “perché non puoi portarmi a casa e curarmi tu?”. E con questa frase si può innescare, facilmente, nella mente di una giovane adolescente, la quale è ancora fragile nel passaggio delicato tra la fanciullezza e la vita adulta, un tarlo. Un tarlo che potrebbe farle pensare: e se fossi veramente pazza? Il confine è sottile e a contatto con determinate situazioni, il tutto è macroscopicamente accentuato. La giovane, dopo alcune settimane di permanenza nell’ospedale,finalmente è stata visitata da un Consulente tecnico d’ufficio, il quale non ha riscontrato assolutamente nessuna intenzione autolesiva e nessun disturbo del pensiero. M.T. ha tentatola fuga per quattro volte e durante l’ultima è riuscita a ricongiungersi con il padre, con il quale adesso si trova. Subire due aggressioni, nel giro di due mesi, essere rinchiusa e sottratta ad una famiglia, secondo i servizi sociali è stato probabilmente molto più propedeutico, rispetto all’accudimento amervoledi un padre. L’aver accusato una ragazza diciassettenne, di volersi togliere la vita, è stato un gesto insensato, rispetto al compito che dovrebbe assumere il Tribunale dei minori. La tutela dell’essere umano è venuta meno, in questo caso. Questo è anche il pensiero dell’ Avv. Francesco Miraglia, il quale da un mese segue la storia e sostiene con forza“come siaparadossale questa vicenda”. Anche Cerasella Jica, Presidente nazionale del dipartimento sociale del Movimento garantista, è pronta a dare battaglia per restituire la ragazza alla famiglia e poterle assicurare una vita normale. Ad oggi è stata predisposta un’istanza affinché la giovane possa vivere insieme al padre. Ha già iniziatoun percorso terapeutico, tornerà tra i banchi di scuola, riprenderà i contatti con le proprie amicizie, ricomincerà a vivere.Ma quanto di tutto questo poteva essere evitato? La lunga terapia che la giovane dovrà affrontare di certo non le cancellerà come un bianchetto magico le sensazioni, le paure e le turbe psicologiche di giorni passata prigioniera…e tutto questo lo ha dovuto subire per una semplice insonnia.